pudenda

giovedì 13 marzo 2008

Ancora razzismo, è ora di dire basta


Non so dire quanto sia grande l'indignazione. Non lesineremo toni altisonanti e dita levate al cielo, è ora di farla finita, e di dirlo chiaramente. Perchè c'è anche questo: dove riporre l'indignazione? Nel fatto, di per sè terribile, o nell'intollerabile evidenza che nessuno ne parli? Carichi di rabbia per questa indecente omertà, ne parleremo noi.
Stiamo assistendo a un inqualificabile atto di vero e proprio razzismo, passato sotto silenzio da mass media e istituzioni. Le discipline sciistiche sono vietate agli atleti di pelle nera. Proprio così.
Strale di leggi razziali mai abrogate? No, il divieto ha solo una ventina d'anni, è nato in seno ad una olimpiade già moderna, e risulta tuttora in vigore. E si giustifica nel più lombrosiano dei modi, con appelli ad una suppostamente inadatta conformazione fisica, ad un'antropologia dal sapore ottocentesco, fino ad arrivare a vaneggiamenti su "le innegabili incompatibilità cromatiche tra una cute scura e il manto nevoso, notoriamente candido." Tutto ciò non meriterebbe commenti.
Non fosse che la cosa ha rischiato almeno due volte di venire alla luce, in due episodi degli anni '90 debitamente seppelliti, mai andati oltre il trafiletto sulla pagina folkloristica di qualche giornale locale o un volatile comunicato dell'ansa. Nel '91 e nel '94: due atleti di colore, Arek Bumbasa e Lumbaa Finidal, al soglio del professionismo, con buoni risultati in patria (Finidal, che soleva allenarsi sui pendii del Kilimangiaro, era sopprannominato "la pantera della neve"), hanno subìto due sorti in qualche modo analoghe, tanto tragiche quanto sospette. A pochi passi dal definitivo ingresso nell'empireo atletico occidentale, la sorte li ha fatti fuori: il primo, investito da un pirata mai rintracciato, ha perso una gamba e la vista; il secondo è finito in una clinica psichiatrica dopo essersi visto massacrata l'intera famiglia da un folle. E sono gli unici due episodi noti, faticosamente noti: di quanti altri non sapremo mai nulla, non è dato di sapere.
E poi l'ultimo, cui è dovuto questo articolo: recenti indagini su un ingente ammanco nel bilancio consuntivo della FES, la federazione sciistica europea, hanno portato a scoprire l'esorbitante donazione fatta a Liminek Burbuna, promettente sciatore keniano, ritiratosi improvvisamente e inspiegabilmente subito dopo dalla scena dello sci, e ora letteralmente irrintracciabile.
Non ci interessa costruire dietrologie: la legge esiste, i più alti dirigenti non hanno voluto rispondere alle nostre domande, i fatti parlano da soli. Stia al lettore stabilire le analogie. E stia al lettore, se ancora esiste una cifra dell'umano, indignarsi. E non far cadere nel silenzio queste verità che il potere cerca tuttora di zittire. E' ora di dire basta.
No dai, non è vero.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Thanks for writing this.