pudenda

lunedì 10 marzo 2008

viaggi

di Ivan Borsi

Mi ritrovai a vivere in una caldaia di singapore. Vissi novantanove giorni procacciandomi del cibo nella spazzatura e brucando erba nelle aiuole dei giardini pubblici. Nella caldaia viveva una cinese matta, senza un braccio, nata da un incesto e abbandonata a se stessa sin dall'età di sette anni. Le notti in caldaia erano terribili. Topi grossi come rinoceronti danzavano sui tubi. La caldaia quando s'accendeva faceva tremare le fondamenta di quel grattacielo. Manometri vibravano impazziti.
Tutto lasciava presagire un'esplosione di lì a poco. E fu in quelle circostanze che l'istinto di sopravvivenza uscì prepotente trasformando quella difficile permanenza in una vacanza in un villaggio turistico. C'è da dire che nelle notti infinite di singapore io e la cinese ci trovammo spesso con i nostri organi sessuali confusi in un'unità. Senza dire mai una parola. Anche perchè non avremmo avuto alcun modo di comunicare. Io avrei voluto avere con me solo il mio Bianciardi perso sulla pista di Gatwick. Le guzzate con la cinese erano la cosa migliore mi fosse mai capitata. E il braccio sinistro le funzionava a meraviglia. Io una notte persi due denti e per il male che mi procurò un'infezione presi a testate la ghisa. Avevo capito che la mia permanenza a Singapore non avrebbe potuto protrarsi oltre. Fu così che dal giorno alla notte mi ritrovai a Dakar.

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