pudenda

domenica 31 gennaio 2010

Qualsiasi cominciamento

Comincerei dalla fine se fosse possibile, ma non si tratta di un giallo, nemmeno di un noir: è solo una cosa che comincia come è già finita. Mi sembra tutto così condizionale, anche le eventualità, eppure qualcosa dovrà pure accadere di nuovo, non dico di insolito, mi basterebbe anche solo uno scherzo (del destino, s'intende). La neve, la costante è sicuramente la neve: nevica come se non avesse mai smesso. E' come se, tanto per dire, ci fosse un buco tra la fine di prima e l'inizio di adesso, come se, nonostante l'assenza di qualcosa, il nastro continuasse imperterrito a scorrere, quasi ci fosse il cinematografo fuori dalla mia finestra. Proiettano: mia nonna che compie novant'anni, quasi un secolo (penso), io che guardo la sua dentiera prendere posto tra le sue gengive, le candeline spegnersi. Proiettano anche: il ghiaccio sulle strade, passami il sale, attento si scivola, oggi non vado a scuola. Allora comincerei dal destino, se fosse possibile, uno qualsiasi, anche assegnato d'ufficio, fa lo stesso, oppure trovato nel cassetto dove tengo le bollette pagate, i mestoli, alcune foto. Comincerei proprio da lì per riempire l'inizio, poi il resto si riempirà da sè (una speranza, s'intende), sempre che la neve la smetta di nevicare e di confondere: tutto uguale.

venerdì 22 gennaio 2010

Manicaretti

Il cravattino gli sta un gran bene. Se lo stringe, si controlla la barba appena fatta, infila la giacca di lino e se ne esce dal suo appartamento, poco dopo pranzo. Sul ballatoio del piano sottostante incontra la signora Elvira, ferma nella tromba delle scale, sommersa da tre pesanti sacchetti della spazzatura. Senza perdere un secondo di tempo Piero interviene, aiutandola a portare fino al piano terra i sacchetti, per poi congedarsi con un sorriso. Elvira ricambia prodigandosi in ringraziamenti, e convenendo col portiere del palazzo che Piero è proprio un ragazzo perbene, e sa come comportarsi con le donne di una certa età.
Sono le 14:08, e Piero è diretto al supermercato dietro l’angolo: deve fare la spesa per la cena, aspetta ospiti per le 21:00, e ha tutta l’intenzione di cucinare dei gustosi manicaretti. La lista della spesa comprende finocchietto, besciamella, cotto di Praga, erba cipollina, controfiletto di manzo, formaggio caprino, burro altoatesino, uova di storione, avocado, spremuta di pompelmo rosa e pane di Altamura. La coda è sempre lunga al reparto gastronomia, considera Piero, ma del resto che ha da fare? È pur sempre estate, e di lavoro si torna a parlare a settembre, la contabilità della banca può attendere. Certo che ventisette persone davanti non son poche. Una coda lunghissima e inattesa, quella del supermercato di Via Nazario Sauro, che si snoda ormai lungo tutto il corridoio centrale del negozio, dal reparto pelati a quello gastronomia, passando per il banco surgelati.
Alle spalle di Piero c’è un anziano chiuso in un cappotto pesante, coi capelli arruffati, Povero, sarà un vagabondo, pensa il ragazzo, meditando se cedergli il posto o meno. Ma all’improvviso, a sorprenderlo assorto nei suoi pensieri, arrivano delle voci irose, di due donne che si contendono il posto dieci metri dietro di lui. Sono arrivata prima io – Se lo scordi il posto, non ho intenzione di passarci la vita, in questo supermercato. Piero abbandona il suo posto, facendo segno con la mano all’anziano di avanzare pure senza problemi. In fondo al supermercato c’è tensione: le due donne non accennano a smettere, quando ecco che il prontissimo Piero appare in fondo alla coda, con le braccia allargate in posa messianica, dicendo: Signore, se non vi dispiace, se permettete, mi metto io in fondo alla coda, cosicché avanzerete tutti di un posto, e non ci sarà motivo di litigare oltre. Le due donne, incredule, un poco umiliate da tanta generosità, senza proferire verbo avanzano lasciando l’ultimo posto a Piero. Non hanno più il coraggio di guardarsi negli occhi a vicenda.
Solo all’alba delle 20:14 Piero rientra a casa. Il suo è stato un pomeriggio pesante ma a suo modo esaltante: ha affrontato una coda senza fine, lasciando passare avanti tutti, uno alla volta.
Prepara la cena per tutti gli invitati.
Sono le 21:03 e il cibo è caldo, pronto da sevire.
Alle 23:25 non è arrivato ancora nessuno, e Piero non ha toccato cibo.
Alle 23:58 Piero sparecchia, congela gli avanzi della cena, spegne le luci di casa.
Venti minuti dopo, sta già dormendo.

Posologia della gioia 2 (due). Prima persona singolare.

dieci gennaio duemiladieci.
aperte le virgolette.
ciao a tutti,
penso che quest’anno per me sarà un anno intenso. Io e il mio partner abbiamo deciso di sposarci quest’anno, probabilmente ad agosto di quest’anno. Stiamo pensando di fare una semplice cerimonia in un’isola greca. Fatemi sapere se avete altre idee riguardo al matrimonio. Sentitevi liberi di partecipare al nostro matrimonio se ne avete voglia.

http://www.santoriniweddings.net/Civil-Santorini-wedding-Packages.html

Sto pensando di scegliere questo pacchetto:
- domanda di matrimonio
- spese connesse alla concessione della licenza di matrimonio
- assistenza per i documenti essenziali
- prenotazione della data
- incontro pre-matrimonio per organizzare tutti i dettagli del matrimonio
- due testimoni necessari per la cerimonia (in omaggio)
- rappresentante della nostra agenzia durante la cerimonia
- macchina per arrivare alla cerimonia (in omaggio)
- corone di nozze fatte a mano
- due asini o cavalli per arrivare al luogo della cerimonia
- due musicisti locali
- dolci locali fatti a mano
- vino tradizionale
- servizio video e foto professionale
- bouquet della sposa e fiore all’occhiello per lo sposo
- fiori per decorare la tavola durante la cerimonia
- crociera di un giorno (combinazione di escursioni via terra e via mare. Visita di tutta l’isola in un giorno, con una crociera di mezza giornata e vista del tramonto).

Costo totale 3200 euro.

Saluti,
Kelly.
chiuse le virgolette.

mercoledì 20 gennaio 2010

Posologia della gioia.

ho uno spiffero in testa.
non è un buon segno, ma sto cercando di essere ottimista.
un ragazzo trascina il suo cavallo con fatica estrema.
gambe larghe e sguardo fiero.
inciampa sulle strisce ma prosegue senza battere ciglio.
è il modo migliore per non far cascare il mondo, penso.
all’angolo c’è un negozio che vende solo surgelati.
pratiche monoporzioni. carrelli di vite al microonde.
ho comprato il prezzemolo: in questo periodo sul balcone non cresce.
dietro al mio ascensore dorme un uomo.
la mia bicicletta dentro all’ascensore non ci sta.
l’ascensore sale a scatti facendo sinistri rumori di lamiera grattugiata.
ora smetto di parlare del mio ascensore.
anche perchè la mia bicicletta non ci sta.
tre piani, cinquantadue scalini.
morirò di un tumore ai polmoni respirando tutta quell’aria spessa.
oppure di infarto trascinando le mie due ruote su per di qua.
oppure di malumore.
ma sto cercando di essere ottimista.

giovedì 7 gennaio 2010

Atti degli Apostoli - 9; 11; 13-28

Elisabetta, pur conscia del rischio di inciampare nell'autoreferenzialità, si svegliò anche quella mattina.
Il peggio è passato, si disse, e si alzò senza smettere di stringere Marcello.
Marcello era il suo primo fidanzatino, morto di quel brutto male ancora in prima elementare. In obbedienza alle sue volontà, il bimbo era stato imbalsamato, e la madre aveva deciso di lasciarlo ad Elisabetta. E com'è come non è, Marcello aveva smesso poco a poco di essere un feticcio del ricordo, ed era diventato semplicemente il suo peluche preferito, con cui dormiva ogni notte.
Va be.
Il punto è che i cuscini andavano sprimacciati, come puntualmente si disse Elisabetta soppesandoli con lo sguardo: "I cuscini vanno sprimacciati, il verbo deve prendere aria, lo merita, è davvero un bel verbo", e mise tutti i cuscini dentro il grande zaino, uscì e cominciò a camminare verso la campagna.
La cruda campagna d'inverno, la terra dura e fredda e i fili d'erba che si spezzano come dita ghiacciate sotto i piedi di Elisabetta, il sole pallido e lontano, aria dura e fredda e senza profumi che entra nel naso con la forza del nord, entra a violentarle il naso, Elisabetta cammina con lo zaino pieno di cuscini sulle spalle, cammina nei campi piatti, la bruma le taglia le gambe e la fatica le spezza il polmone.
Ah, inverno, prendimi.
E invece: eccola lì, ad un certo punto, dietro il grande cespuglio di tabasco, la sgradita epifania. (Succede sempre così, porcocane, che uno butta una cosa e poi emuli incivili cominciano a imitarlo, e va a finire che un bell'angolo di pianura diventa una discarica. E poi, che cazzo, ma a chi mai può venire in mente di venire a scaricare qua, proprio qua, in mezzo al nulla? Ma porcocane.) Dietro il grande cespuglio di tabasco, solitario in mezzo ai campi arati, c'era una carcassa di computer.
Elisabetta si avvicina, scansa i rottami del monitor, pesta con stizza il mouse rotto, e a quel punto li vede: sparsi tutto intorno, nella terra, decine e decine di files.
Incuriosita, si china a raccoglierne uno. Questo:




Capite bene come a quel punto non poteva non venirle in mente la massima stoica secondo la quale l'esistenza è una prigione con la porta sempre aperta. Inutile lamentarsi: possiamo uscire in qualsiasi momento.