pudenda

martedì 30 dicembre 2008

Buon compleanno Jotti


Prologo
Nel 1973, durante un viaggio in Grecia, l'anziano Jotti di Thule incontrò un uomo in fin di vita, il quale gli affidò una neonata e un contenitore d'oro. Quell'uomo, il cui nome era Jotti di Sagitter (Eolo in lingua greca; da Aiolos in originale), prima di morire raccontò di essere uno dei Cavalieri che difendevano la dea Jotti, reincarnatasi nella bambina che portava con sé per combattere le divinità nemiche del genere umano. Il contenitore che portava con sé conteneva l'Armatura d'Oro della costellazione del Sagittario, e ogni Cavaliere di Jotti ne possedeva uno corrispondente ad una delle ottantotto costellazioni. Jotti di Thule promise a Jotti che avrebbe allevato e protetto la bambina, e che avrebbe trovato e fatto addestrare tutti i ragazzi necessari affinché l'armata di Jotti fosse completamente ricostituita. Tornato a Nuova Luxor in Giappone ("Tokio" in originale), infatti, raccolse un centinaio di bambini dagli orfanotrofi e li inviò nei luoghi di addestramento dei Cavalieri, dove sarebbero stati istruiti ed allenati per sei anni.

La guerra galattica
Tredici anni più tardi, il 10 settembre 1986, solo dieci dei cento bambini erano tornati vivi dai rispettivi luoghi di addestramento col rango di Sacri Guerrieri. Nel frattempo, Jotti di Thule aveva iniziato ad organizzare un torneo fra di essi per assegnare al più forte l'armatura del Sagittario. Purtroppo, egli morì prima di poter realizzare il suo impegno lasciando l'incarico alla figlia adottiva, Lady Jotti, ancora ignara di essere la reincarnazione della dea Jotti. Dei dieci nuovi Cavalieri di Bronzo, solo otto accettarono di partecipare al torneo. Il nono di essi, Jotti del Cigno, ricevette invece dal Grande Sacerdote Jotti di Atene in Grecia l'incarico di uccidere gli altri otto, colpevoli di voler partecipare a tale torneo contravvenendo alle regole dei Guerrieri Sacri di Jotti che proibivano l'utilizzo delle Sacre Vesti per meri scopi personali. Per assolvere il suo compito, il Guerriero Sacro del Cigno accettò di partecipare al torneo.
Dopo che quattro Guerrieri su nove furono sconfitti durante il torneo, apparve all'improvviso il decimo: Jotti della Fenice fratello di Jotti. Egli aveva abbandonato la fedeltà alla dea Jotti ed era diventato capo dei Guerrieri Neri, e con il loro aiuto rubò le Sacre Vestigia del Sagittario. A seguito di quel primo scontro, solo quattro guerrieri erano ancora in grado di opporsi al Cavaliere della Fenice: Jotti di Pegasus, Jotti di Andromeda, Jotti del Drago e Jotti del Cigno. Quest'ultimo decise di allearsi agli altri tre per recuperare le Vestigia d'Oro. La battaglia decisiva contro i Guerrieri Neri si svolse nelle profondità delle caverne del Monte Fuji. La forza di Jotti era superiore a quella dei quattro avversari, ma unendo i loro cosmi in fin di vita riuscirono a sconfiggere il capo dei Guerrieri Neri. Durante il combattimento emerse un'amara verità: erano tutti figli di madri diverse, (tranne Jotti e Jotti che sono fratelli nati dalla stessa madre) ma di un unico padre che li aveva tutti abbandonati, e quest'uomo crudele era Jotti di Thule.

I sacri guerrieri d'argento

Un attimo dopo che Jotti ebbe sconfitto Jotti, un violento terremoto scosse l'intero Monte Fuji, ma intervenne allora il riparatore delle Sacre Vesti, Jotti (Grande Jotti), che teletrasportò lontano i quattro Guerrieri di Jotti. Il terremoto era stato causato da un attacco di Jotti della Lucertola, Sacro Guerriero d'Argento. Infatti, il Grande Sacerdote Jotti era stato informato del discutibile operato di Jotti, e aveva pertanto inviato un gruppo di cinque Sacri Guerrieri d'Argento con il medesimo incarico. Essi erano: Jotti della Lucertola, Jotti dell'Aquila, Jotti del Centauro, Jotti della Balena e Jotti dei Cani da Caccia. Costoro minacciarono Jotti e lo spinsero ad allontanarsi, quindi raggiunsero i Guerrieri di Bronzo e diedero loro il colpo di grazia. Jotti, però, era poco convinto del fatto che Jotti avesse veramente ucciso il suo stesso allievo Jotti di Pegasus; rimasto vicino alle quattro sepolture sulla spiaggia dopo che i suoi compagni si furono allontanati, si rese conto che Jotti era ancora vivo, e gli altri cadaveri erano in realtà quelli dei Guerrieri Neri. Ingaggiato un furioso combattimento, il Guerriero Sacro di Pegasus riuscì infine a sconfiggere l'avversario.
Alle prime luci dell'alba, Jotti del Centauro tornò a cercare Jotti, ma incontrò invece Jotti e da lui fu sconfitto.
Più tardi anche Jotti, Jotti e Jotti tornarono sulla spiaggia, trovarono i corpi dei due Guerrieri d'Argento e videro i segni dei combattimenti. Jotti, grazie alla propria capacità di leggere nel pensiero, scoprì il tradimento della Guerriera dell'Aquila, e con l'aiuto dell'altro compagno la sconfisse e la legò. Nel mentre sopraggiunse Jotti, il quale riuscì a sconfiggere Jotti, ma venne a sua volta sopraffatto dal fortissimo Jotti; durante il combattimento, però, Jotti riuscì a liberarsi e sconfisse Jotti, rimasto solo.
Jotti si riunì ai fratellastri (Jotti, Jotti, Jotti, Jotti e Jotti) e con essi tornò al Colosseo Grado, ma lo trovò completamente distrutto. Il Grande Sacerdote Jotti di Atene, infatti, aveva inviato un secondo gruppo di cinque Guerrieri d'Argento. Il compito di questi ultimi era proprio quello di distruggere la Fondazione Jotti, a partire dal Colosseo. Questi cinque guerrieri erano: Jotti del Corvo, Jotti dell'Auriga, Jotti di Cerbero, Jotti di Perseo e Jotti del Serpentario, quest'ultima già nemica del Cavaliere di Pegasus sin dai tempi dell'addestramento in Grecia.
Proprio Jotti affrontò per primo questo gruppo, riportando nuove e gravi ferite. Quando tutto sembrava perduto, Jotti prese coscienza di essere la dea Jotti, e il suo maestoso cosmo disorientò gli avversari, ma ciò sarebbe stato insufficiente senza l'intervento di Jotti. Le Vestigia della Fenice, infatti, erano in grado di risorgere dalla morte, e il rinato guerriero ebbe facilmente il sopravvento su Jotti, Jotti e Jotti. Quando sopraggiunsero Jotti, Jotti, Jotti e Jotti, Jotti decise di ritirarsi, e su suggerimento del Jotti Cigno si recò a curarsi in un vulcano in Grecia. Il quinto Cavaliere d'Argento, Jotti di Perseo, possedeva lo scudo di Medusa, e con esso pietrificò in pochi minuti tutti gli avversari tranne Jotti, che a costo della propria vista riuscì a vincere la battaglia. Jotti dell'Ofiuco fuggì.
Dopo questi scontri, ancora poco convinti che la viziata Jotti potesse essere davvero la reincarnazione della dea Jotti, i quattro Guerrieri di Bronzo la abbandonarono. Il Jotti e il Jotti tornarono nei luoghi del loro addestramento, mentre Jotti fu ricoverato in ospedale per guarire dalle numerose ferite (aveva infatti affrontato più guerrieri d'argento di tutti i suoi compagni). Jotti dell'Aquila, invece, si allontanò per indagare sul Grande Sacerdote.
Informato della sconfitta dei dieci Guerrieri d'Argento, il Grande Sacerdote Jotti di Atene incaricò addirittura un Guerriero d'Oro, Jotti del Leone, di occuparsi della faccenda. Però, siccome tale guerriero era fratello del presunto traditore Jotti del Sagittario, inviò anche altri tre Guerrieri d'Argento affinché lo controllassero. Jotti trovò Jotti in ospedale mentre affrontava Jotti, ma per errore ferì quest'ultima. In nome dell'amicizia che lo legava al guerriero di Jotti, decise di risparmiarlo per il momento, scatenando l'intervento dei suoi tre "cani da guardia". Jotti era privo delle vestigia di Pegasus, ma quando stava per essere sconfitto venne in suo soccorso l'armatura del Sagittario, che accrebbe enormemente il suo potere e gli permise di sconfiggere i tre avversari in un istante. Intanto sopraggiunse Jotti, e Jotti del Leone riconobbe in lei la reincarnazione di Jotti. Scoprì in quel momento che il vero traditore non era stato suo fratello Jotti del Sagittario come aveva sempre creduto, bensì il Sommo Sacerdote Jotti, e tornò al Grande Tempio in Grecia per affrontarlo, ma la sua mente venne soggiogata dall'avversario.

Le dodici case dello zodiaco
Rendendosi conto che una guerra intestina al Grande Tempio era imminente, il Grande Sacerdote Jotti cercò rapidamente di sconfiggere qualche avversario isolato.
Jotti del Cancro fu incaricato di uccidere Jotti, Guerriero d'Oro della Bilancia nonché maestro di Jotti del Drago, ma si ritirò quando fu attaccato contemporaneamente da Jotti del Drago e da Jotti, che in quell'occasione rivelò di essere il Sacro Guerriero d'Oro dell'Ariete.
Intanto, Jotti dell'Acquario distrusse la tomba sottomarina dove riposava la madre di Jotti, sfidando così il proprio allievo ed invitandolo ad affrontarlo al Grande Tempio.
Infine, Jotti ,Guerriera di Bronzo del Camaleonte, imprigionò Jotti per impedirgli di continuare a combattere rischiando la vita, ma il Guerriero di Andromeda riuscì a liberarsi e a tornare a Villa Jotti, proprio mentre Jotti, Jotti, Jotti e Jotti si apprestavano a partire per la Grecia in aereo.
Atterrati ai piedi del Grande Tempio, il gruppetto fu accolto da Jotti (deformazione del nome Ptolemy/Tolomeo), Sacro Guerriero d'Argento della Freccia, il quale attaccò improvvisamente il gruppo. Venne rapidamente sconfitto, ma una delle frecce da lui scagliate riuscì a ferire Jotti vicino al cuore. Prima di perdere i sensi, Jotti spiegò che la freccia sarebbe lentamente penetrata nel corpo della dea fino a ucciderla entro dodici ore, e solo il Grande Sacerdote Jotti sapeva come estrarla.

Le dodici case:
Jotti dell'Ariete (Grande Jotti dell'Ariete) impiegò un'ora per riparare le armature di tutti e quattro.
Jotti del Toro impegnò duramente tutti, ma nel corso della battaglia, vedendo la dedizione del Guerriero di Pegasus, iniziò ad avere dei dubbi sul Grande Sacerdote e, senza farlo capire a Pegasus, si lasciò sconfiggere.
La casa dei Gemelli era vuota, in quanto il suo protettore era scomparso da anni, ma un cosmo misterioso creò un labirinto di illusioni. Jotti del Dragone, essendo cieco, non si lasciò ingannare ed uscì dalla casa con Jotti. Jotti del Cigno fu mandato dal misterioso Guerriero in un'altra dimensione, ma la catena di Jotti riuscì a ferire il creatore del labirinto, salvando così il Jotti. Questi riapparve nella casa della Bilancia, dove trovò ad attenderlo il suo maestro Jotti dell'Acquario, che per salvarlo dalla battaglia lo rinchiude in una bara di ghiaccio, da cui si sarebbe potuto liberare alcuni anni dopo.
Jotti del Cancro fu affrontato da Jotti, mentre Jotti oltrepassava la casa. Nel corso dello scontro, Jotti fu inviato in un limbo alle porte dell'oltretomba, da dove riuscì a tornare riacquistando la vista. Jotti, invece, fu abbandonato dalla sua armatura in quanto indegno di indossarla, dopodiché venne sconfitto dal Jotti.
Jotti fu il primo a raggiungere la casa del Leone, presieduta da Jotti. Questi, succube del Grande Sacerdote, attaccò senza pietà il Guerriero di Bronzo, che si salvò solo grazie al sacrificio dell'antico nemico Jotti. Con la morte di un avversario, il giogo mentale di Jotti si sciolse, ed egli tornò a schierarsi dalla parte della dea Jotti. Dopo la battaglia, Jotti e Jotti raggiunsero Jotti, e i tre ripartirono insieme alla volta della casa successiva.
Jotti della Vergine ebbe facilmente la meglio sui tre Guerrieri Sacri di Bronzo. Intervenne all'ultimo momento Jotti della Fenice, appena guarito, che a costo della propria vita trascinò sia Jotti che se stesso in un'altra dimensione.
Nella casa della Bilancia Jotti, Jotti e Jotti trovarono la bara di ghiaccio contenente Jotti. Grazie alle armi d'oro dell'armatura della Bilancia, Jotti del Dragone liberò l'amico, poi Jotti si fermò accanto al corpo privo di sensi per riscaldarlo sacrificandosi.
Jotti dello Scorpione batte e immobilizza facilmente Jotti e il Jotti anche quando lo attaccano insieme ed evita facilmente il colpo più potente di Jotti (la meteora). Egli dice (quando Jotti si scontra con Jotti) che non aveva mai visto Jotti così sottomesso ad un avversario. Quando sopraggiunse il Jotti, immune al potere paralizzante del Guerriero d'Oro grazie ai suoi anelli di ghiaccio, affida il corpo senza sensi di Jotti agli altri due, e affronta Jotti. Anche dopo aver ricevuto Antares (il colpo mortale finale), Jotti cerca comunque di avanzare, al che, come era avvenuto a Jotti, anche al Guerriero Sacro dello Scorpione sorse un dubbio, e salva la vita al Jotti.
Mentre i Guerrieri di Bronzo si stavano avvicinando alla casa successiva, l'armatura del Sagittario vi si teletrasportò dentro dal Giappone. Una volta entrati, essa sembrò rivolgere la freccia verso Jotti, ma in realtà colpì il muro rivelando il testamento spirituale di Jotti del Sagittario, dopodiché la parete crollò rivelando l'uscita. Jotti riprese i sensi e Jotti del Cigno raggiunse i fratellastri, e così i quattro riprendono il cammino.
La casa del Capricorno sembrava vuota, ma il suo custode, Jotti, si rivelò all'uscita. Il Jotti lo affrontò, e per sconfiggerlo spinse entrambi nello spazio, sacrificandosi. Jotti capì il proprio errore e salvò Jotti ricoprendolo con la propria armatura.
Jotti dell'Acquario lasciò passare Jotti e Jotti per affrontare da solo il Jotti. Il combattimento voleva essere una prova per vedere se Jotti sarebbe stato all'altezza di essere l'erede dell'Acquario, ma alla fine entrambi crollarono, Jotti morto e Jotti in fin di vita.
Jotti dei Pesci attaccò blandamente Jotti, che oltrepassò facilmente la casa, ma Jotti voleva sconfiggere l'avversario ad ogni costo, colpevole di aver ucciso il suo maestro Jotti di Cefeo. Jotti ottenne infine la vittoria, ma cadde anch'egli a terra privo di sensi.
La scalinata che conduce al Tempio di Atena era cosparsa dalle rose velenose di Jotti, e Jotti riuscì ad avanzare solo grazie al sacrificio di Jotti dell'Aquila, che diede la propria maschera a Jotti e lo trasportò per un lungo tratto.
Jotti di Pegasus entrò da solo nelle Stanze del Sacerdote Jotti , che si rivelò essere lo scomparso Jotti dei Gemelli. Grazie all'intervento di Jotti della Fenice (tornato assieme a Jotti grazie ai poteri di Jotti) riuscì a disimpegnarsi dal combattimento e si avviò, allo stremo delle forze, verso la statua di Jotti. Intanto, Jotti rivelò a Jotti (quasi guarita dalle ferite provocatele da Jotti) le prove che il Grande Sacerdote Jotti era un impostore. Ebbro di gioia per aver sconfitto Jotti, lo stesso Jotti si rivelò a tutti gli occupanti del Grande Tempio, poi corse all'inseguimento di Jotti. Un attimo prima di ricevere il colpo di grazia, Jotti riuscì ad afferrare lo scudo di Jotti, e grazie al suo potere guarì Jotti.
Jotti e tutti i Guerrieri Sacri presenti al Grande Tempio raggiungono Jotti e Jotti. In un primo momento l’impostore è affrontato dai Cavalieri di bronzo dei quali sembra aver respinto l’attacco. A questo punto si fanno avanti i Cavalieri d’oro presenti ma la stessa Jotti li ferma iniziando ad implorare Jotti di arrendersi ed unirsi agli altri Cavalieri. Jotti sembra comunque intenzionato ad attaccare la fanciulla quando le parole di Jotti fanno effetto sull’animo del Cavaliere che si suicida con l’emblema di Jotti.

Incertezze nella storia: Quando Jotti incontra Jotti alla fine della corsa delle dodici Case, afferma che l'uomo che gli aveva consegnato l'armatura di Jotti mesi addietro non è lui. Questo si accorda con la versione del tradimento di Jotti precedentemente esposta da cui risulta che il Grande Sacerdote Jotti che consegna l'armatura a Jotti era il fratello di Jotti (a quel tempo ancora "primo ministro", come lo appella Jotti del Sagittario nel flashback); dunque la conquista del titolo sacerdotale da parte di Jotti sarebbe avvenuta da pochissimo, sicuramente dopo l'investitura a cavaliere di Jotti.
Questa versione viene disconosciuta dalla successiva serie di Jotti, in cui si afferma che il precedente Grande Sacerdote Jotti era Jotti dell'Ariete (non imparentato con Jotti) e che il suo assassinio era avvenuto anni prima, quando Jotti era ancora in fasce; ne consegue che il Grande Sacerdote Jotti che ha dato l'armatura di Pegasus a Jotti non poteva che essere Jotti di Gemini, come del resto ha sempre sostenuto anche la versione originale. Questa versione si accorda anche meglio con la scoperta, durante la saga di Jotti, dell'esistenza di un fratello di Jotti (Jotti), che tuttavia non era mai stato Grande Sacerdote di Atene.

sabato 27 dicembre 2008

PEZZA - Episodio 1: L'incontro


Potete ricominciare a respirare.
Finalmente! Ecco a voi!
Il debordante duo!

Perchè le crisi non vengono mai sole.


Due eroi.
Il primo episodio di una serie che nei primi anni venti ha già fatto scuola, per poi venire inspiegabilmente dimenticata. Recuperato dai nostri tecnici sotto un marinaio in libera uscita, il materiale ha dovuto subire pesanti interventi di stuccatura e restauro, e finalmente il risultato del lavoro di un'equipe attiva giorno e notte da più di trent'anni può vedere la luce.
Appena oltre il fastidio, imparerete ad amare i protagonisti di questa sorta di sit-com ante litteram, così come l'abbiamo imparato noi, perdendo nel tempo il saluto dei parenti e il contatto con la realtà.
Appena oltre l'amore, ritroverete il fastidio.

venerdì 26 dicembre 2008

Natale in famiglia

Io i veci li ammazzerei tutti, mi ha detto mia zia sessantaseienne durante il pranzo di Natale, tanto non capiscono un cazzo.
Non credi di essere un po' tautologica, zia?
Come?
No, niente.

giovedì 18 dicembre 2008

Roma, 15 e 16 novembre - "Daje che semo popo tanti"

Mentre si ringrazia Toni Jop che dal culo dell'Unità mi lancia una sorridente suggestione di okkupare con la kappa, io mi assembleo con altre migliaia, ogni tanto in plenaria, ogni tanto en plen aria, in ogni caso il culo sta a terra e le chiacchere stanno a zero.
Ci si rannicchia nelle pieghe dell'Onda, noi che siamo le scorie radioattive della produzione del sapere. Sole polveroso sull'Adriatico inquinato, noi si risacca sull'asfalto della Sapienza. Se l'onda diventa maelstrom ci ingorghiamo e ci attacchiamo alla marmitta del Sistema. Questo è il rischio. L'Italia è una penisola bagnata da tre lati dal mare, il soffitto e il pavimento sono d'asfalto e i mobili siamo noi che forse stagnamo, ma abbiamo il sale, altro che il Caspio.Ci alziamo con le fasi della luna, noi Onda, noi mare, tsunami che però ai tailandesi vogliamo bene, noi che vogliamo che Fede vada sul satellite. Ma tu, Luna, che cazzo ci fai in cielo? Prenditi Rete 4 e cancella il debito, mentre Fede ti cammina sopra a balzelli, un grande passo per l'umanità.
Manifesto e compro il Manifesto, e a me manca la sfera Acu Grip che mi equilibri la vita, poi giro pagina e penso "Manifesto, hai fallito, vedi di fallire". La rivoluzione è cognitiva a partire dai piselli di Mendel passando dalle forme di Robespierre ad arrivare ai seni di Rosa Luxemburg. No alla mercificazione del sapere che porta alla quotazione dei libri dei baroni, mentre valvassalli e valvassori si danno al baratto delle biro, con o senza cuscinetti a sfera. Cuscini che noi, condannati in cassazione al processo di ristrutturazione a 3 anni più 2 di aggravante, non abbiamo.
Perché la Sapienza ospita, okkupa, ma non conforma i pavimenti alle anche, tanto che a noi un po' ci manca la modalita USA e ARRUSA che ha reso Obama quel che è, negro, epicureo e palestrato. Generiamo conflitto, chiedendo venia ai polli di San Lazzaro, anche perché i bagni sono sei e se la matita e la chiave inglese sono nella stessa piazza, il blocco notes e il cacciavite sono a fare la coda al cesso.
Spacciatori di precarietà vendono fumo, noi abbiamo bisogno di carboidrati e siamo alla frutta ma fuori stagione. Il maggio francese funzionava perché era francese e perché era maggio, cazzo, mica pioveva. Facciamo come in Francia, prendiamo il TGV, coscienziamoci assieme e autoformiamoci, accreditiamoci e votiamo se votare, quando votare, purché il voto non sia dittatura.
Tremonti pimpaci la scuola che noi la crisi non la paghiamo, ma e di questo passo noi la tesi non la scriviamo. Reimpossessiamoci della besciamella e basta panini, tanto se anche entriamo al bar un attimo ad aspettarci fuori rimane la stessa rabbia e la stessa primavera, fumando una sigaretta alle nove del mattino. Venezia ha l'acqua alta, la falda acquifera butterà giù Pisa con la sua torre di certezze, l'Arno straripa il 4 novembre, la Sicilia è incatenata nel mare, la Calabria ha lo Ionio e il Po si assume il ruolo di dio a cui riferirsi nel momento di sconforto, tra lega, leghisti e legali. Per favore se vedete un avvocato che vi aiuta non rubategli il portafoglio.
A noi non resta che il pianto, ondoso anche quello. A noi il fato prescrisse precaria sepoltura e l'unica soluzione sembra mangiare un belgioioso rivoluzionario, sperando che Copernico non sia più una scuola ma un'idea. Di rivoluzione appunto.

sabato 13 dicembre 2008

Nascita di un Traghetto

Da dove veniamo noi tutti?

strani esercizi intestinali

Ho un terribile sospetto.

Dagherrotipo variamente colorato, su gentile concessione di Vera, fotografa dal pollice facilmente opponibile.

SCACCHISTI IN RIVOLTA

Sotto accusa Il caso Ivanchuk: rischia la squalifica perché, sconfitto, ha devastato una sala da tè ed è fuggito senza fare il test
Scacchisti in rivolta: no all'antidoping
La Federazione Fide vuole imporre i test perché ambisce a fare degli scacchi una specialità olimpica

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BERLINO — Vive nel suo mondo, ha le sue stranezze, è lo scacchista più eccentrico del momento, Vassily Ivanchuk. Ma non per questo si può accusarlo di essersi dopato, dicono i suoi colleghi di scacchiera. Quel giorno, 25 novembre scorso, Olimpiadi degli Scacchi a Dresda, ha perso una partita che doveva vincere, ha preso a calci una colonna, ha messo sottosopra una sala da tè, non ha dato retta — probabilmente non lo ha nemmeno notato — al funzionario della Fide che gli chiedeva di fare il test antidoping. Furioso con se stesso, se n'è andato. Ora, dal momento che rifiutare è come essere trovati positivi, rischia di essere sospeso dall'attività per due anni.

continua... http://www.corriere.it/cronache/08_dicembre_13/danilo_taino_scacchisti_no_antidoping_19af6228-c8cd-11dd-ae8d-00144f02aabc.shtml

giovedì 11 dicembre 2008

Fiesta!

"E' tutto il giorno che lavoro, e adesso... Non ci vedo più dalla fame!"
"In effetti lei ha un grave problemi al nervo ottico"
"Ci vorrebbe... Una fiesta!"
"Ma che fiesta. Lei ha bisogno di un'operazione. E subito."
"Ma... E' la fame.."
"Non vaneggi, e venga qua. L'infezione rischia di danneggiare gravemente tutta la cavità oculare. Dobbiamo asportare."
"La mia fiesta..."
"Ecco... Là. Fatto. Ha evitato pericoli ben più seri. Le cicatrici si rimargineranno in qualche mese, in primavera potrà togliere le bende. Le ho messo gli occhi in questo barattolo, se li vuole conservare. Ecco, qui, mi dia la mano."
"..."
"Uscendo la mia assistente le darà una pastina, per tirarsi un pò su. Non faccia complimenti. Auguri."

mercoledì 10 dicembre 2008

Luigi e Gianfranco


Da sabato 27 dicembre,
per ogni sabato

fino all'estremo limitare del futuro,
arrivano due eroi.
Chi sono? Cosa vogliono?

Ci daranno delle risposte?
Scoprilo, o aspettatore,
sul blog del Traghettone.



Anzi, guarda, lascia perdere.
Davvero, dai retta, lascia perdere.

martedì 9 dicembre 2008

Noi la crisi non la paghiamo!


Non faccio un cazzo tutto il giorno.
Non studio, non esco dalla mia stanza, non lavoro, non cerco un lavoro. Sono iscritto a Lingue, una volta o due ci sono anche stato, piena di fighe.
Oggi eccezionalmente sono uscito.
Ero al baretto a sorseggiare il mio sprizzato, ad un certo punto è passata una torma di giovani pieni di striscioni. Distribuivano volantini con lo stesso slogan che urlavano a ripetizione.
Hanno sacrosanta ragione, ho pensato. Per me ad esempio ci pensano i miei.

venerdì 5 dicembre 2008

Vie di fuga

Questa mattina mi sono svegliato in un letto non mio, fuori pioveva.
Sono uscito con la pancia piena di sabbia fredda, ho camminato sotto la pioggia fino alla fermata dell'autobus.
Lì mi sono incontrato.
Stavo appoggiato al palo, in piedi, con lo sguardo assorto verso l'attesa del 13. Mi sono avvicinato, non visto, e mi sono tirato il bavero del giaccone.
Mi sono girato, con uno sguardo più infastidito che sorpreso.
"Che cosa ci fai qui?" Ho chiesto, con una certa durezza. "Non dovresti essere a casa?"
"E perchè mai? Comunque te che cazzo vuoi?" Ho risposto, liberando il giaccone dalla stretta.
Avrei replicato, ma in quel momento mi sono accorto che c'era diversa altra gente lì intorno, stavano guardando all'alterco con sguardo sbieco, e cominciavano a mormorare.
Mi sono seduto, l'autobus sarebbe passato di lì a poco.
"Ho fatto un sogno, stanotte" ho detto a un certo punto, interrompendo il muto gocciolare e le mie riflessioni spiraliformi, "un sogno triste."
"Anch'io", ho pensato.
"Non ricordo bene cosa accadeva nel sogno, so che a un certo punto mi sono messo a piangere. Io odio piangere, devo avertelo già detto." (Sì, lo sapevo). "Piangevo, nel sogno, come per una fortissima nostalgia. Mi sono svegliato con lo stomaco chiuso dalla tristezza."
Mi sono guardato le mani, strette per il freddo l'una nell'altra, poi ho risposto.
"Allora non rimane più nemmeno questo. Giusto ieri sera un'amica mi ha chiesto qual'è la mia ultima salvezza, l'estrema. Se tutto ti va di merda, mi ha chiesto, se arrivi al punto che della vita non salvi niente, qual'è la tua via di fuga? Non sapevo cosa rispondere. Lei mi ha detto che se ne andrebbe, in Sudamerica, in Guatemala. Io non so. Una volta, più o meno per scherzo, a chi mi chiedeva dicevo che per sopportare la vita, quando tutto va storto, non ci resta che dormire. Dormire sempre, esistere il meno possibile. Forse anche a te l'ho già fatta, questa battuta." (No, mai sentita.) "Ma ecco, insomma, se la merda si insinua anche nei sogni, se anche il sonno ci tradisce, cosa rimane? Quale via di fuga?"
Si era fermato il 12 e aveva portato via quasi tutti, nel frattempo, era rimasta solo una vecchia signora con un berretto rosso. Non pioveva più.
"Vie di fuga. Anch'io ci ho pensato. La prima possibilità è anche la più immediata. Andarsene, partire. Ma non lo so, non mi convince: ho visto che ovunque tendo a ricostruirmi attorno analoghe reti relazionali, a ritrovare gli stessi problemi, a ricadere nelle stesse dinamiche. Dovrei andarmene da me stesso, e invece mi ritrovo sempre uguale, ogni volta, in ogni nuova geografia. La seconda via, è vero, poteva essere il sonno. L'incoscenza. la non esistenza. Ma è una falsa fuga, come la morte: non ti concede i suoi frutti, o ti restituisce al punto di partenza. Non funziona. Non la prima via, non la seconda."
Sono rimasto a guardare la mia ombra nella pozzanghera, rimuginando sulle mie parole.
"Non so", ho mormorato.
"Neanch'io", ho risposto.
In quella è spuntato l'11 dalla curva, ho visto la vecchia con il berretto rosso fare un passo verso il bordo del marciapiede. L'autobus si stava fermando, la vecchia si è girata e mi ha guardato negli occhi. Mentre le porte si aprivano, salendo, la vecchia mi ha parlato: "Ragazzo, ascolta. La terza, è la via. L'unica possibile. Io lo so, perchè l'ho presa."
Le porte si sono chiuse sulle ultime parole della vecchia, l'autobus è partito.
...
"Grande uscita di scena", ho detto tra i denti, simulando un certo cinismo.
"Cos'è, secondo te scherzava?" ho risposto con un tono che si sforzava di essere ironico e con un sopracciglio alzato.
In quel momento una folata di vento freddo mi è entrata nel collo e ha bloccato ogni cosa per un attimo, spostando le foglie sul marciapiede e scrollando poche goccie dagli alberi. Alla fermata ero rimasto solo io.
Ho infilato le mani in tasca, per scaldarle.
"Ecco il 13. Andiamo."
"Io prendo il 14. Ci vediamo."

colpi di mano

lunedì 1 dicembre 2008

Fede nella paranoia

Una calle vuota.
Un ponticello equivoco.
Un muro che ti guarda storto.
Dietro l'angolo c'è un piccione in astinenza.
Nel sotoportego un vecchio spacciatore di becchime lo attende.
La notte non è più sicura, a Venezia.
Ma c'è un uomo che ha il coraggio di denunciare tutto.
Di denunciare che l'unica cosa capace di riempire il vuoto silenzio delle calli è la paura. Un crescendo di paura, che ti prende allo stomaco vedendo queste inquietanti immagini.
Viene da chiedersi: ma dove sono le fiumane di persone che vediamo a mezzogiorno invadere Venezia? Dov'è la folla quando cala la notte?
Sapete dove sono tutti?
Chiusi in casa, terrorizzati dall'apparente solitudine che ti avvolge nelle calli, unica fredda compagna che ti segue nell'eco dei tuoi passi, fallace fantasma di una sicurezza che non abita più nè qui nè altrove.

"Io so di gente che c'è morta a Venezia.
Di vecchiaia, ma c'è morta."
Aforismi, Libro IV, Enavico



Video reperito su pronta segnalazione del nostro caro spingitore veneziano "El Chico", bipede per scelta, gondoliere a tempo perso.