pudenda

giovedì 29 novembre 2007

Portici

di Michele Barbolini

Tutti questi portici che riparano la testa e nascondono il cielo
li dipingessimo di azzurro-blu, con nuvolette grigio-bianche
o li girassimo al contrario per farne vasche piene d'acqua
e sguinzagliare carpe grassocce sul fondale
o per giocarci a biglie in quelle curvature ben riuscite.
Vorrei bagnarmi un po' la testa
per lamentarmi del governo ladro.

lunedì 26 novembre 2007

Lettera d'amore

M

giovedì 22 novembre 2007

Equilibrismo

di Michele Barbolini

Vorrei tendere fili di lana leggeri ai piercing agli anelli
agli orecchini di tutti gli studenti di Bologna
e diventare piccolo come un insetto per fare
l’equilibrista su quelle corde tese, girare la città
sulla ragnatela mobile di lana.

venerdì 16 novembre 2007

15.000 euro ben spesi!

http://www.civitaschristiana.it/pasque.htm
Vi prego, andate a visitare il sito.
Sono stati stanziati 15.000 euro (soldi pubblici!) a favore di questi pagliacci revisionisti.
Qualcuno ha qualche idea?
Una risata li seppellirà?
Solo il traghetto potrebbe navigare in cotale tempesta di merda.
(Io ero Ghiandola Pineale? Mah.)

mercoledì 14 novembre 2007

Una di meno

di Michele Barbolini

Camminavo in via Petroni con il cuore nella tasca interna del cappotto.
"Ma quand'è che si decide a nevicare?" mi chiedevo. Almeno sfruttiamo questi portici.
Camminavo a testa alta non per orgoglio ma per tuffarmi negli occhi delle donne. In biblioteca una volta mi sono scontrato con l'attaccapanni per guardare una ciellina.
Scansavo l'umanità variegata che mi si faceva innanzi, il fuorisede leccese che parla a tono altissimo, come gli africani sull'autobus, il punkabbestia regolamentare con hollandia da 90 centesimi, pitbull legato ad una corda da montagna e total look nero. Scansavo gli alcolisti all'angolo accasciati nei loro fagotti di coperte, e lanciavo uno sguardo a quella signora dai capelli gialli che avrà pochi anni più di mia madre e ogni volta che la sento straparlare non so perchè mi sento in colpa.
Tiravo dritto e mi stringevo nella sciarpa quando incrociavo con lo sguardo una ragazza carina con il broncio e mi veniva da chiederle "perchè?"
Le gambe rigide come sempre quando sono in mezzo alla gente, il respiro affannato per l'imbarazzo di sentirmi immerso in un flusso, per la paura di esserne travolto.
Mettevo un passo dopo l'altro pensando solo alla mia meta e alle parole stupide della sera prima, a quei "mi dispiace non ci riesco" e "hai ragione, è colpa mia".
Ero quasi arrivato e acceleravo il passo come chi scorge la striscia del traguardo e non vede l'ora di tagliarla per tirare il fiato.
Arrivato davanti alla vetrina della libreria Guerra ho visto che il libro di Gadda che cercavo non c'era più.
Ho sentito qualcosa di morbido e appiccicoso sotto la scarpa.
Una merda di cane marroncina.
Una di meno, ho pensato.

mercoledì 7 novembre 2007

Sdoganare

Questa volta ha ragione!

Non pensavo l'avrei mai detto riferendomi al nostro amatissimo sindaco veronese Flavio Tosi, uno che di sparate ne ha fatte parecchie.

Eppure qualche giorno fa, con mio stesso sgomento, mi sono trovato a pronunciare questa frase, lavandomi poi la bocca con la candeggina per tutto il pomeriggio.

Non mi riferisco alla pur condivisibile proposta di ripristinare la doppia entrata negri/bianchi sugli autobus e nemmeno alla moderatissima proposta di pulizia etnica. Questo si sa, è un terreno che accomuna tutte le persone perbene.

Mi riferisco alle esternazioni del rampollo leghista apparse su “la Padania” qualche giorno fa.

A Roma è stata seviziata e uccisa una donna da un cittadino rumeno. Fatto riprovevole e doloroso, che invita a riflettere e impone al mondo politico di interrogarsi seriamente sulle misure da attuare perchè ciò non si ripeta. Questo se non fosse successo a Roma.

Perchè cose del genere possono accadere -e accadono- in tutto il Paese, ma non devono succedere nella città di Walter Veltroni. Non dei romani intendiamoci, ma proprio sua, un po’ come l’Italia per Berlusconi, una proprietà privata.

Ecco allora che Walter, leader maximo di un partito che ancora non c’è, democratico di nome, ma che fin dalla campagna elettorale per le primarie si è tramutato in un partito ad personam, il nostro Walter non ci sta. Via allora un consiglio dei ministri. Sotto con i decreti a tempi record. Quando da mesi il Paese attende una delle tante leggi promesse dal programma dell’Unione.

Un ragazzino di 12 anni, Flavio Scutellà, di Scido (RC) è morto il 31 Ottobre perché non si trovava in tutta la regione una sala operatoria per operarlo.

A Bologna vengono stuprate in media due donne a settimana.


Nel sud Italia si regolano i conti tra faide camorristiche in pieno giorno, con tanto di passanti morti ammazzati.

Ma per certe cose non c’è fretta. Non ci sono consigli dei ministri convocati d’urgenza, non ci sono leggi rapide ed efficaci.

Roma è la città di Walter, ora c’è pure la sua festa del cinema. Lì certe cose non devono succedere.

Allora come non essere d’accordo con l’insospettabile Flavio Tosi quando dichiara che “Evidentemente un delitto a Roma ha un valore, mentre un delitto, anche più efferato, commesso in Veneto non vale niente. Trovo che l’atteggiamento del Governo sia veramente offensivo per la gente del Nord». E del Sud aggiungerei. E del centro. E delle isole. Ecc.

Come punto di partenza per la nuova forza politica del centrosinistra non c’è male. Ora la strategia è chiara. Scavalcare la destra nell’uso personalistico del potere.

Ma il vero capolavoro è restituire argomenti e credibilità a personalità come Flavio Tosi e la sua accolita di celtici nostalgici. Voce del verbo sdoganare.

Michele Barbolini

Spostati, devo morire.

No di certo, non riuscirei a descriverVi l'insicuro procedere di quella cimice verdastra (Nazara viridula) che volteggiava a forma di danza nelle vicinanze del chiaro alone provocato da questa sorta di visore soprannaturale* sulla superficie dell'armadio 4 ante e 4 c.**; però lo possiamo immaginare ora che è stata risvegliata l'immagine nel nostro cervello, bene, partiamo da quando ha cominciato a sbattere con tutto il suo peso sul muro producendo quel rumore continuo di frittura cullata dolcementemente lenta in risposta al BZZ della collisione; dicevo: dopo un pò, se non è routine e quindi non si ha bisogno di concettualizzare per capire, dopo un pò ci si chiede cosa possa essere e quindi cominciamo a girare la testa cercando la fonte di quel rumore, destra sinistra alto destra basso alto al centro del cono visivo una piccola crepa sull'intonaco è una radice, un fiume sulla mappa, una vena che trasporta quel suo fardello così gravoso, è umidità e senza grandi rimorsi ritorniamo alla ricerca anche se si sa già cos'è e si sa già che il fatto in sè non ha poi reale importanza così riprendiamo la solita postura e cimice (Nazara v.) diventa la nostra attenzione mentre rivolgiamo il capo al monitor pensando a cosa stavamo facendo prima di lasciarci rapire da sottili ali verdi.

- Trovo comunque molto utile questa possibilità che Andrea è riuscito a scovare e sono certo che grazie a questo nuovo modo di intendere l'economia le prossime 5 ore registreranno un'innalzamento inedito degli indici di borsa canadesi;
- Domanda
- Sinceramente penso che non ci sia bisogno di (machiavelicamente) molte spiegazioni riguardo al metodo utilizzato; volete che la vostra economia continui a sanguinare mandando milioni di persone in rovina? Mi risponda, la prego. Voi giornalisti non sapete fare altro che ingiuriare chi prova a fare del bene, ed ora se permette dovrei andare.
- Domanda
- Rispondo volentieri solo perchè è l'ultima domanda. Solo grazie al fatto che la nostra è una disciplina radicata nel tempo riusciamo a creare delle buone cose dipendendo esclusivamente dalla tecnologia, forse il segreto risiede proprio tra le pieghe del passato. Posso andare?

* VIDI LCD 11''
** Art.5890 (Collezione Herta - Cat.Italia 2006)

martedì 6 novembre 2007

riflessione d'onda sonora

di Riccardo Artoni


Lo sapevate che il triste spegnersi del candelotto precede un’accensione deflagrante?

Ecco, è tutto.

Ora, che fare?, Černyševskij a parte, è una bella domanda. Ci vogliamo strappare prima la camicia poi l’irsuto petto in cordoglio di questa fiammella che pare sul punto di spegnersi? Vogliamo d’essa cantare le sulfuree fonti, che innanzi a noi portaro tal facella, e gloriarla ancora per le gesta, per le scintille che nel momento di maggiore accensione spargeva intorno a sé?

O ci vogliamo, alio modo, dedicare al misticismo dell’altro da sé, senza scomodare qualche (evidentemente disturbata dal nostro chiacchiericcio) divinità, pensando a quale futuro radioso si prepara per quella che fu scintilla ed in pochi secondi sarà una fiamma, e più lo spostamento di masse d’aria in ogni direzione? Ci vogliamo sprecare, adducendo al correre probabile e financo a breve palpabile dell’evento un motivo, uno scopo se non proprio una causa efficiente. Se pure volessimo fare un ulteriore passo su questa china, perché non rammentare alle facelle tuttora accese il glorioso fine ch’ognuna dopo vita andrà a provare? Per di più suggerirei loro di comportarsi bene, rettamente con quelle sparute scintille, quei lazzi di giovani stronzi, giacché non a tutti spetta un detonante risultato, ma solo a chi non s’inzuppa di viscidi e torbidi spermi..

Che fare allora?

(da fuori) Allora, che vuoi fare?, lo vogliamo lanciare ‘sto candelotto oppure no? O vuoi forse ammazzarci tutti?

lunedì 5 novembre 2007

SonettoMangiamerda

di Riccardo Artoni

IN QUESTO GIORNO DI TEMPESTE E TUONI
C’INABISSAMMO IN UN MARON LICORE,
CH’AL NERO TENDE, DAL TREMENDO ODORE,
ACCOMPAGNATI DA CRUDELI SUONI.

IN QUESTO GIORNO NÉ ROMBI NÉ CONI
POTRAN GIOVAR, NÉ RIPORTAR SPLENDORE
IN QUESTO VICO, OVE SOLTANTO ORRORE
PROVA CHI IN TESTA HA DUE EMISFERI BUONI.

NOVELLI ORFEI, SENZ’ALCUNA EURIDICE,
VOGLIAM GETTARCI NELL’ISPESSA MERDA,
LADDOVE SIAM FINITI A NOSTRO MERTO,

LADDOVE PIANTI E GRIDA AVREM PER CERTO?
ANDIAMO, PESCHIAM CIÒ CHE NON SI DICE,
RINASCA ORA IL TRAGHETTO MANGIAMERDA!

domenica 4 novembre 2007

Del fare un blog


Ammonizione, cicchetto, condanna, diffamazione, disapprovazione, disgusto, biasimo, censura, frustata, richiamo, rimbrotto, rimprovero.
Vedi anche: ammonimento, monito, predicozzo, rabbuffo, ramanzina, rampogna, reprimenda, lavata di capo, riprovazione, vituperio, denigrazione, detrazione, insinuazione, maldicenza, critica, deplorazione, esecrazione, ammonimento, appunto, osservazione.



Il blog. Che pratica disdicevole.
Prepariamo la nostra noia migliore, vestiamo a festa la nostra malinconica saturazione, imbracciamo un pianoforte e suoniamo le stesse due tediose note per tutta la durata della lettura. Non serve altro, il fastidio è stanco, chi scrive non ha gli occhiali.
Vediamo di sgomberare il campo da eventuali certezze fin da subito. Ce n'è abbastanza.
A questo punto, a una certa età, ormai superati i primi anni del neonato millennio, almeno una punta di imbarazzo, almeno quello dico io, una coscienza moderna dovrebbe risvegliarlo. Lo sappiamo tutti quanti, lo sappiamo molto bene a che giochino stiamo giocando, non si può far finta di niente -e invece no: nessun imbarazzo, nemmeno di fronte all'ignudo scroto dell'ovvietà.
E allora parliamone un pò, di questo scroto, guardiamo insieme, avanti, tastiamolo. Vediamo quanto resistono i nostri occhietti cattocattolici, vediamo quanto, ben serrati, eviteranno il cordoglio.
Good evening ladies and gentlemen.
Salite, ho una collezione di farfalle da mostrarvi. Foss'anche, nessun problema. Fosse quello che ammiccando intendiamo, fosse che della farfalla ci interessa il beccheggio delle alette, il continuo movimento in andirivieni, toccarsi e staccarsi e toccarsi e staccarsi, alla ricerca del calore dell'unico giorno, fosse -a interessarci- quello cui la nostra malizia questo movimento rimanda, nell'unica notte -ebbene, niente di male. Ma non è così: qua, accuratamente, non si tromba.
La farfalla rimane fine a sè stessa, siamo incastrati in un meccanismo molto più malato, non si fa mai il passo oltre: da una parte e dall'altra dello schermo, esibizionismo senza macchia, voyeurismo con i guanti.
E nemmeno si gode, e se si gode in braga non si scorge l'indizio, e il viso resta compassato, intimamente compiaciuto di spostare in piazza badilate di innecessarie natiche -e senza il coraggio nè l'onestà di dichiarare il vero quid di questo esercizio, senza dimostrar compiacimento alcuno. E nemmeno si gode, e se si gode in braga non si scorge l'indizio, e il viso resta compassato, intimamente eccitatissimo di guardare e non toccare e non toccarsi -e senza il coraggio nè l'onestà di dichiarare il vero quid di questo assistere, senza dimostrar eccitazione alcuna.
Intendiamoci: nulla di male nel guardare o nel farsi guardare, la malattia non sta in questo. L'odiosissima malattia sta nel perbenismo a tutti i costi, nel lucidalabbra passato sulle suddette natiche. Lo stesso ipocrita sale che condisce la realtà televisiva, per intendersi, e la società che ne è figlia -grandifratelliisoledeifamosipolemichevacueealtisonantisiamotuttiunpòmastellailpapaaltgtuttiigiorniilfenomenospiderporkeitaorminaivespaivideodeibulletti... E non serve dire altro.
Siamo tutti opinionisti. Olè.
L'opinionista, chi cazzo è? Come si fa a diventarlo? Il suffisso suggerisce un ruolo non estemporaneo, nei casi più felici perfino un mestiere. E il mio sacco è pieno di farfalle.
C'è da dire tutto su tutto, e c'è da commentare tutto questo, e c'è da commentare il commento, e giù a chiocciola verso nessun -altro- posto, l'opinione diventa un cancro.
I meccanismi del blog macinano inesorabili, paradossalmente mentre tutto si cumula e resta, tutto transita e va, sotterrato da altro tutto e da altro tutto, il cancro si espande in sè -e nulla si fissa, e nulla si ricorda. Mio nonno mi parlava delle sue estati in anni lontani e precisi, e aveva poche idee, poche non casuali opinioni.
Questa, farfalline mie, è la china verso il fallimento della comunicazione: quando la parola è solo perpetuo movimento manca la stasi della ricezione, c'è appena una tenue oscillazione, mai vere domande, mai vere risposte -nella verticale erezione del blog, compensazione di cosa.
Guardiamoci in faccia, annuiamo sorridendo, diamoci pacche sulle spalle.
Caro il mio diario.

venerdì 2 novembre 2007

Assaggio


Proemio.
Intermezzo.
Escursione montana.
Morte improvvisa.
Finale fasullo.
Finale.
Finale a sorpresa.
Secondo proemio.
Elegia di alleggerimento.
Passaggio filtrante.
Momento di tensione.
Imbarazzi vari.
Errori.
Errore fatale.


Sale sul palco un ragazzo poderoso con la muscolatura bene in vista, con un asciugamano attorno alle spalle e con la faccia e il corpo uguali a quelle di Carlo Michele Pigozzi.
Il palco è buio, si accende un riflettore: il riflettore illumina un vogatore (l'atrezzo ginnico con questo nome).
Il ragazzo poderoso, che per convenzione chiameremo Carlo Michele Pigozzi, si avvicina al vogatore, deposita con artefatta noncuranza l'asciugamano in un canto, esegue tutti i preparativi del caso, e comincia a remare, con poderosa tranquillità.
L'esercizio, con le dovute e comprensibili pause per l'abbeveraggio e il defatigamento in corso d'opera, continuerà per tutta la durata della performance del gruppo sul palco.

Una voce blocca tutto.
Guai a chi applaude.
Dice: "signore e signori, banalità!"
e parte un suono diffuso di campanellini e trilli
e come dal nulla tanti omini dal naso rosso, in questo universo conosciuti come clown, vanno a stupirsi tra la gente.

Un'intera sessione di ballo al silenzio di un faggio.
Sarà dura trovare un bel faggio in una bella radura di montagna, ombraggiato e assolato il giusto, frondante come tante carezze non richieste e perciò tantopiù gradite.
Sotto i faggi non è che usino crescere i finferli.

Ed è solo un assaggio.