pudenda

giovedì 27 dicembre 2007

2

Non credo alla struttura che contiene e che contamina
All’xy in stretta connessione all’erosione interna eterna no
Non sono sintomi apocalittici ma trascinarsi a larghe strisce
Rimane il tatto la ricerca coatta del contatto primo viscerale
Non è simbiosi non si congiunge ma consuma è segno meno (-)
Appropriazione furto elisione dell’olfatto dell’udito
È solo il get the stick! Ridondante get the stick! Percussivo
Get the stick! Get the stick! Get the stick!
Ellie tu? sei cartapesta Ellie; tu? incrostazione Ellie;
Mansueta musa mi costringi tu? Sei forse tenue tu?
Sei forse sasso levigato tu? Sei forse spigolo tu?
Continuamente ritornante tu? Ellie?

mercoledì 19 dicembre 2007

Poeta Water (Walter?)

Aruspice, che dici, perché chiedi
invece di bei visceri ancor caldi
budelli secchi, pelli di salame?
che dici? stufo sei di fegatini,
sanguinacci? A studiare soppresse
t'appresti col bastone tuo tremante?
che dici? non bastone, ma forchetta?
coltello, dunque, ed un panino all'olio;
però il formaggio proprio non sapevo
che si potesse così divinare!
se ti porgessi una cipolla cruda,
acciocché dalle sfoglie tu capisca..?
mi dici che ti restan qui sul gozzo
quelle cipolle, son cosa da bruti
non d'aruspici seri qual tu sei.
Il Monte Veronese ben si presta,
quest'oggi imparo, a interrogar responsi:
e la soppressa, ovviamente all'aglio,
contiene più segreti anche del Sisde.
Se però alle mie spalle vuoi abbuffarti,
è solo un dubbio, mio divino vate,
perché non hai pensato a farti prete?

lunedì 17 dicembre 2007

Autopresentazione di Boris Vian

Sono nato, casualmente, il dieci marzo 1920 sulla porta di una clinica ostetrica che era chiusa per uno sciopero contro il calo delle nascite. Mia madre era rimasta incinta non ricordo se per via delle opere o proprio per opera di Paul Claudel (da quel tempo non lo reggo e non lo leggo), comunque la mamma era al tredicesimo mese e non poteva certo aspettare il concordato. Un prete, un sant'uomo che passava di lì, mi raccolse e immediatamente mi riposò: in effetti pesavo un casino!! (è da allora che soffro della mia ben nota aspersoriofobia). Fortunatamente una lupa affamata, che aveva appena dato la luce a Pierre Hervé (ho, quindi, esattamente la sua stessa età, cosa in perfetto accordo con le teorie di Einstein relative alla simultaneità) la lupa mi prese sotto la sua protezione e mi diede qualcosa da bere. Crescevo in forza e saggezza ma rimanevo molto brutto benché adornato da un sistema pilifero discontinuo, ma sempre molto, molto sviluppato. Infatti avevo la testa della Vittoria di Samotracia. A sette anni, entrai alla Scuola Centrale e ne uscii tre anni più tardi, nel 1942 completamente fuori di testa per l'idrodinamica del corso del sig. Bergeron.
Certo allora non prevedevo che dodici anni dopo, nel 1946...
Ma non anticipiamo i fatti.
Nel 1938 cominciai a studiare la trombetta a rosolio e immediatamente raggiunsi il livello di Armstrong, la mollai subito per non privare il poveretto della pagnotta: a causa dei soliti pregiudizi razziali ero avvantaggiato, la mia pigmentazione verde offriva un effetto piacevole.
Poi, tutt'a un tratto, la mia fisionomia prese a trasformarsi e mi misi ad assomigliare a Boris Vian, da ciò il mio nome.
Senza entrare nei dettagli, vi segnalo che in un'epoca


indeterminata della mia vita sono stato tre anni e mezzo rinchiuso all'Associazione Francese di Normalizzazione, distrutta, in seguito, da un incendio provocato dalle cure di Jacques Lemarchand, nascosto tra due parentesi.
Raimond Queneau mi incontrò mentre pescavo con la lenza, sport che per altro non pratico, e sedotto dal mio drive mi propose una battuta di caccia. Cosa che feci. Il resto appartiene alla storia. Sono un metro e ottantasei a piedi nudi e peso molto e metto al primo posto le opere di Alfred Jarry, la fornicazione, Un Rude Hiver e la mia beneamata sposa. Non dimentico, anche se vengono dopo: la musica di New Orleans, Dube Ellington, Lana Turner, Ann Sheridan, le sinfonie del Commodoro W. Spotlight per doppia campana e petroletta d'armonia, la pittura a olio che pratico con felicità rara, i baffoni del mio venerato Jean Rostand. Le ragazze dei Jazz-Club universitari (soprattutto quella bionda col vestito verde... va beh, lasciamo stare). Mi piace anche il Two-Beat (e questa non è un'allusione sessuale) e anche la Mere Chaput. Detesto Paul Claudel (l'ho già detto, ma è piacevole ripeterlo ed è per questo che non ho mai letto nulla di suo), aborrisco anche le Grand Meaulnes, Alain (non mio fratello, che è un tipo completamente fuori), Peguy, il violoncello jazz come lo suonano i francesi, le opere di immaginazione, le bugie, gli apparecchi di piccolo formato, Ivan il Terribile, Leonard Father, Edgar Jackson, Le Dictateur, Dumont d'Urville (esagero. In fondo non me ne frega niente di lui). Odio anche: Monseigneur Suhard e il papa. Barbotin, mi piace molto. Invece non mi piace il davanti piatto (questo nelle donne), poi l'invidia e la merda salvo quando son ben preparate. Inoltre sto cercando un appartamento di cinque stanze con tutti i confort. Ho avuto una vita movimentata ma sono pronto a ricominciare!!!

Boris Vian

martedì 11 dicembre 2007

viaggi

indossare il giaccone pesante uscire di casa spingere la carriola fino alla legnaia e di ritorno ancora -that let you in and out- di ritorno alla stufa con la legna piena e per le scale senza tregua la linea -there are doors- che linea disegnano i miei passi -and there are- passi, dalla sedia al letto dal letto alla poltrona prima il segno e l'intenzione e io a seguire minimo viaggiare -that you can't- maestoso viaggiare, seduto, di una gamba a cavallo sull'altra del piede a giro intorno alla caviglia delle dita dalla o alla z -but never open- del mio stare, dallo spigolo dello stereo alla terza pagina del quaderno al pulsante della lampadina e salire salire alla terza vertebra del collo e da dove -come back from- a dove finire, senza partire, dal cassetto della tavola alla Turchia mediorientale, dal mio pigro ginocchio a un qualsiasi altro dove -trapdoors- a un qualsiasi altro stare.

Per la maggioranza dei molluschi, la forma organica visibile non ha molta importanza nella vita dei membri di una specie, dato che essi non possono vedersi l'un l'altro o hanno solo una vaga percezione degli altri individui e dell'ambiente. Ciò non esclude che striature a colori vivaci e forme che appaiono bellissime al nostro sguardo (come in molte conchiglie di gasteropodi) esistano indipendentemente da ogni rapporto con la visibilità.

Cartelle

Dici che ordini tutto in cartelle
tutte le e-mail ciascuna al suo posto
non come me che ammasso tutto
e impiego ore ogni volta a cercare
tu metti tutto in ordine ogni persona una cartella
tutti incasellati
c'è anche la mia col mio nome incolonnata
dentro tutte le parole scritte
quando ti chiamavo Ellie perchè eri guida alla discesa
e quando ti chiamavo Antje e ti dicevo che eri dentro quel romanzo.

Poi quel giorno la laguna era fredda ma ci batteva un po' di sole.
Mi metti in imbarazzo, dicevi.

Tornando a casa me lo sono chiesto
in che cartella ero finito
non quelle delle e-mail
quelle più grosse dove incaselli la tua vita
le persone l'università i viaggi all'estero
in che cartella mi avrai messo
mi chiedevo
cause perse? inutili lusinghe?
intrusioni? diversivi?
salti carpiati?
voli pindarici?
occasioni mancate?
amplessi immaginari?
cacofonie?
retrogradazioni a croce?
analisi I?
perdite di tempo?
incomprensioni?
persone da evitare?
letteratura di consumo?
cerimonie?
patologie?
carta millimetrata?
rapsodie?
b-movie?
ipocondrie?
elucubrazioni?
sinfonie?
dermatiti?
buca d'angolo?
retrospettive?
new dada?
strutturalismo?
conguagli?
crepuscolari?
cabaret?
eretici?
misantropi?
ecumenici?
play mobile?
spartachisti?
juke box?
ossimori?

ossimori forse?

lunedì 10 dicembre 2007

Baluba-shake

Un altro pezzo imperdibile dall'archivio traghettico.

A voi, Brunetta.

Il leone è andato a dormire
Si è stancato ormai di cacciare
Ma noi che siamo
Che siamo i baluba
Ci divertiamo con il Baluba Shake

Piangono le stelle nel cielo
Piange il coccodrillo da solo
Ma noi che siamo, che siamo i Baluba
Ci divertiamo con il Baluba Shake

Balu balu, ba baluba shake
Balu balu, ba baluba shake
Baluba shake

Baluba luba ba baluba
Baluba luba ba baluba
Baluba luba ba baluba
Baluba luba ba baluba

(Brunetta - 1967)

(Delicatessen)



profondo nella carne
mani invernali,
amici lontanissimi.



domenica 9 dicembre 2007

Verona beat

Dall'archivio del traghetto, su segnalazione della dolcissima niè, ripeschiamo uno dei brani che hanno fatto epoca nella città scaligera.

Gli indimenticabili Gatti. Scatenatevi.
Per una versione audio video: qui


Vecchie favole
di un'epoca un po' più in là
colori di un'età

Libri e musica
di un mondo che nasce Beat
un disco dell'Equipe (1)
L'automobile
beato chi già ce l'ha
è quella di papà
Oggi è sabato
domani si dormirà
sogni di gloria
Beat Beat cos'era il Beat
una scuola e una città
Beat Beat
Verona Beat
pugno in tasca e vanità
Poi rinascere
suonare in un gruppo Beat
ci si prova il venerdì
Fughe inutili
per vedere se ci sei tu
ginnastica in tuta blu
Diario al limite
tra amore ed oscenità
poeti per metà
Cantautori
che parlavan di libertà
col cuore in gabbia (2)
Beat Beat cos'era il Beat
e l'America è sempre là
Beat Beat
Verona Beat
non so ancora che cos'è.
Poi un brivido
il tempo che andava via
un minuto di follia
Oggi in sciopero
per la fame nel Bangla Desh (3)
dopo un'ora si resta in tre
Senza un gemito
la provincia moriva al bar
paura di volare (4)
Suoni e lacrime
la rabbia usciva così
da una chitarra
Beat Beat cos'era il Beat
non si cancellerà
Beat Beat
Verona Beat
non si cancellerà
Beat Beat
Verona Beat
non si cancellerà

sabato 1 dicembre 2007

L'amaca

di Michele Barbolini

In tutto quell'accalco, in quella furia promiscua delle biblioteche, pigiati in monticelli a ridosso dei caloriferi che pompano come in Siberia, in quella sala d'usura sudaticcia e malsana, nell'atmosfera ovattata dei tavoloni bianchi come le stufe di Oblomov dove stendersi a riposare, ma costretto invece nel vincolo di una sedia sempre troppo stretta con la schiena che scricchiola e si ritorce, sotto l'occhio di ragazzine venute per la sfilata giornaliera e dottorandi in via di congedo, ho preso bene le misure tra colonna e scaffale, due lunghe corde belle tese, tre giri l'una, ho steso lì nel mezzo la mia amaca e dondolando come una siliqua mi sono avvoltolato col mio libro.