pudenda

mercoledì 10 agosto 2005

speciale - REFERENDUM ABROGATIVO

di Anna Fabbri


Cominciamo dalla data. 12 Giugno 2005. E’ stata definita una data marittima, questa scelta per il referendum abrogativo sulla legge 40, legge che limita il ricorso alla fecondazione assistita. I cattolici, che hanno invitato anch’essi a non recarsi alle urne, sapranno annettersi con eleganza anche il trenta per cento di astensione endemica, che salirà al quaranta per cento, se sarà una giornata di sole. Andate al mare, che tanto non siete neanche in grado di capirli, i quesiti, cari elettori.
Io andrò a votare, e voterò sì a tutti e quattro i quesiti.
Sulle questioni fondamentali della bioetica sono confusa. Diciamo che come studentessa della medicina apprezzo soprattutto questo: l’etica, in campo medico, non trascende mai l’individuo. Non è la malattia, ma il malato. Questo malato. Mi è sempre più difficile trascendere dall’individuo. Non sono più così convinta che esista una legge che vada bene uguale per tutti. Non so se abortirei, non so se come ginecologo praticherei aborti. Ma sono d’accordo sul fatto che l’aborto è un diritto. Non posso che essere in questo, figlia di Antigone. Contraddittoria, se volete, ma contraddittoria perché adesa all’umano.

Non è dal punto di vista etico che attacco la legge quaranta. L’attacco perché è un esercizio di cerchiobottismo, perché è illogica e antiscientifica (“è una legge ingiusta, inumana, antiscientifica” Umberto Veronesi). Penso che quando si avvicina ai misteri, all’inizio della vita, alla sua fine, alla genitorialità, lo stato dovrebbe essere assolutamente non invasivo. Il diritto, su queste questioni, dovrebbe farsi impalpabile, invisibile, solo un ossatura che sostiene la libertà del singolo. Perché, chiamati a fare una scelta su queste questioni (e non lo auguro a nessuno), noi siamo soli, soli perché dobbiamo uscire dalla collettività e decidere come individui. E per di più individui di una società multiculturale. Questa legge invece è prepotentemente invasiva e nel tentativo di ingraziarsi i grandi elettori calpesta proprio quei deboli che si impegna a proteggere: la Donna e l’Embrione.

Se me lo permettete, vi riassumo di seguito i quesiti referendari e tento, per ciò che posso, di spiegarli e commentarli.

1. Si chiede di cancellare i divieti che puntano a ridurre la dispersione di embrioni e che limitano le possibilità di successo costringendo la donna ad esporsi a molti più cicli riproduttivi. La legge 40 permette di creare non più di tre embrioni per volta e obbliga ad impiantarli tutti, senza scartare eventuali embrioni malati. Si chiede di abrogare anche il divieto di conservare gli embrioni con il congelamento.
2. Chiede di cancellare il divieto di ricorrere a spermatozoi o ovuli di donatori esterni alla coppia.
3. Chiede l’eliminazione degli articoli che impediscono sia l’utilizzo che la creazione di embrioni a puri fini di ricerca.
4. Chiede di abrogare quelle parti degli articoli che mettono sullo stesso piano i diritti dell’embrione e quelli dei genitori.

Il primo quesito lo si potrebbe anche intitolare “il corpo della donna come campo di battaglia”.
Campo di battaglia sul quale diverse ideologie si battono sanguinosamente. Molti, donne e uomini, sono convinti che il corpo alle donne andrebbe espropriato per legge: la donna è vista come eterna bambina, incapace di gestire questo corpo così potente e misterioso. Lo stato, la chiesa, gli uomini, la collettività, l’embrione, i padri: bisogna che qualcuno gestisca questa fisicità così imbarazzante, bisogna sollevare le donne-bambine da questa gravosa responsabilità.. Tutto l’impianto della legge, che pure sbandiera il suo intento di proteggere la donna, tende principalmente a rendere la fecondazione assistita molto, molto più difficile in un’ottica quasi punitiva nei confronti della donna. Forse sarebbe più onesto proibirla definitivamente, invece che renderla nociva per chi la sceglie. Visto che di sangue e carne parliamo addentriamoci nei particolari tecnici della questione. Per ottenere embrioni in vitro i passi sono i seguenti:

1. La donna deve iperovulare. Ogni mese una donna produce un ovulo pronto per la fecondazione. Esponendola però a una dose massiccia di ormoni si può ottenere la produzione di più ovuli. Ora, gli ormoni sono potentissimi segnali intercellulari, secreti in dosi bassissime naturalmente hanno un funzionamento sistemico: ciò vuol dire che funzionano a cascata e stimolano risposte diverse in molteplici organi e tessuti diversi (estrogeni e testosterone, per esempio sono attivi persino sul cervello ). E’ indubbio che gli ormoni sono sostanze da usare con grande cautela, anche perché sono sospettati di favorire l’insorgenza di tumori se usati scriteriatamente (vedi terapia ormonale sostitutiva, accusata di favorire il tumore al seno).
2. Gli ovuli devono essere prelevati chirurgicamente dall’addome della donna ed esposti in provetta al seme che li feconda, per poi essere impiantati nell’utero artificialmente.
Le limitazioni previste dalla legge sono sul numero degli embrioni prodotti (mai più di tre) e sulla loro utilizzazione: tutti e tre contemporaneamente e obbligatoriamente, anche perché non li si può conservare. Tutto questo, all’atto pratico, significa per la donna in termini di rischi:
1. Nelle giovani in particolare il rischio di gravidanza trigemellare è alto. Ricordo che raramente le gravidanze plurigemellari vengono portate a termine positivamente: il rischio di parto prematuro e di insufficiente accrescimento dei tre feti è alto. Non è chiaro poi cosa si intende per obbligo di impianto. Il ginecologo, davanti ad una donna che non vuole che le siano impiantati i tre embrioni contemporaneamente deve chiamare le forze dell’ordine? Deve narcotizzarla e agire a forza?
2. Se la prima gravidanza fallisce bisognerà ricorrere ad una nuova iperovoluazione e ad un nuovo intervento chirurgico per tentarne un'altra, invece di ricorrere a embrioni già pronti precedentemente congelati.
Scartare gli embrioni non sani significa diagnosi preimpianto, non eugenetica. Non si tratta di permettere ad una coppia di decidere il sesso del loro bambino o il colore dei suoi occhi ma di permettere a coppie che hanno il 25% di probabilità di avere un figlio malato (talassemia, fibrosi cistica…) di escludere certamente questa possibilità con un’analisi del genoma dell’embrione prima dell’impianto. Trovo coraggioso che una coppia che magari ha visto morire il proprio bambino di una malattia genetica altamente invalidante voglia avere un altro figlio. Trovo inumano non permettergli di sapere se il bambino che stanno concependo sarà sano o malato. La conoscenza non implica necessariamente una scelta, né in senso positivo né in senso negativo. Ma potremo parlare a lungo della genitorialità come accettazione incondizionata, se non fosse che comunque in Italia esiste il diritto all’aborto e l’istituzione dell’aborto terapeutico, quindi, o questa legge è un primo passo per rimettere in discussione l’aborto oppure è semplicemente illogica.

Gli embrioni crioconservati sono una questione molto delicata: solo in Italia 30 000 embrioni si stanno lentamente spegnendo in bare di azoto liquido a temperature bassissime. Ora, sulla produzione di embrioni ai fini della ricerca sono piuttosto perplessa. Però non capisco perché gli embrioni già prodotti non possano essere usati a questo fine, visto che l’alternativa è bruciarli o lasciarli spegnere lentamente nel freddo. A parte la ricerca pura i campi di applicazione sono molteplici. Le cellule embrionali sono staminali totipotenti, ciò vuol dire che potenzialmente possono differenziarsi in qualsiasi tessuto dell’organismo: messe in coltura con neuroni diverranno neuroni, messe in coltura con epatociti diverranno epatociti. Credo che possiate immaginare cosa significa questo per malati di malattie degenerative che coinvolgono organi come il cuore ed il cervello, tessuti che praticamente non si autorigenerano se offesi. Una soluzione al problema, proposta sia da scienziati favorevoli alla legge che da scienziati contrari potrebbe essere quella di stabilire il momento esatto nel quale il decadimento dell’embrione criocongelato è tale da renderlo incompatibile con l’impianto e, da quel momento in poi, considerarlo clinicamente morto e quindi usabile senza ricadute etiche per la ricerca. La legge 40 è invece categorica: niente embrioni per la ricerca.

Quando l’embrione riceve l’anima, si chiedono i cattolici?
A questa domanda sicuramente non può rispondere la biologia. Io credo che equiparare l’embrione ai suoi genitori non sia una manifestazione del rispetto per la vita umana. L’embrione è sicuramente vivo come individuo, se per vita si intende ciò che i greci intendevano con la parola bios. Ma credo che alla vita umana sia necessario dare un valore diverso rispetto alla definizione di vita in senso biologico. Noi consideriamo qualcuno clinicamente morto non quando il suo cuore non batte più, non quando cessa il respiro, ma quando non vi è più pensiero cosciente, sentimento, capacità di espressione. Io credo che si nasca un poco alla volta, che nasciamo anche nel primo sorriso, nella prima parola. Io credo che un uomo lentamente e faticosamente diventi tale. Io credo che gli uomini si guadagnino un anima. All’embrione è necessario portare rispetto come progettualità di vita, non come uomo a tutti gli effetti. E poi credo che il problema di questa legge sia la fondamentale mancanza di rispetto per la donna ed il suo corpo, prima di tutto: tra i diritti dell’embrione ci deve essere anche quello di essere allevato da una madre che non ha subito pratiche inutilmente invasive per diventare tale.
Spero che il 12 Giugno 2005 non andrete al mare.

- pubblicato in allegato al numero unoemmezzo

PREMIO SERGEJ ŠARŠUN

le interiora redazionali tutte per: Andrea Confalonieri


Squittìo di trombe, fiato ai duodeni.
Il Traghetto Mangiamerda proclama il vincitore della prima edizione del concorso di poesia inutile “Premio Sergej Šaršun”.


La redazione ha esaminato i molti testi arrivati, dopo guerre intestine, colpi sotto la cintola e distrazioni strategicheè giunto il verdetto.
Tappeto rosso per Andrea Confalonieri, milanese, che col suo testo privo di titolo sbaraglia la concorrenza getta nel fango (nella merda) gli avversari e si piazza qui, sul gradino più alto, a pochi centimetri dal suolo.

Rispettate le regole ferree del bando, lunghezza massima di tredici versi e mezzo, tre parole obbligatorie: spremilimone, fondocranici e velodromo. Il buon Confalonieri va ben oltre, sperimenta ardite soluzioni metrico-sintattiche, insegue l’analogia sonora, chiari i rimandi al post-platonismo rivisitato in chiave esistenzialista. Pane e baritonesi. Sfiora continuamente la sineddoche, ma appena vi giunge si ritrae per rifugiarsi nel nido della retrogradazione a croce. Non teme la rima facile, insomma un brao butèl.

Prima di deliziarvi con la poesia del trionfatore, un grazie a tutti i partecipanti. Brave tutti. Brave bene. Bene bis. Nel sito ci trovate omni i testi che hanno partecipato.
Ciccate qui. Proprio qui. Proprio. Qui.


Veleggiavo, sotto di me una piccola asse di fronte a me una piccola vela
quattro rotelle in tutto nel mio personal velodromo
e intorno a me
Capre macellate e Macellai incaprettati
Carne andata a male, da quanto il Male si e' fatto carne
Spremitori di limoni spremevano limoni con spremilimoni
Qualcosa di strano?
io lo faccio ogni mattina
e spremo limoni
negliocchinelleferitenellepiaghenellaboccasuperilnaso
E lascio depositare un sottile strato di succo acido sul fondocranico

così da non sentire le urla dei Maiali


siate fondocranici o fonopratici o fonografici o cronografici o mondotraffici
io mi alzo singhiozzo cinque volte e poi vomito.

CINQUINA MANGIAMERDISTA

Posologia: eleganza di rigore, massima serietà
di Carlo Michele Pigozzi, Michele Barbolini, Andrea Masotti

"Parla la follia: e come quando il sole mostra alla terra il suo volto splendido ed aureo, o dopo un inverno rigido la giovane primavera spira con mite zefiro, ed ogni cosa improvvisamente acquista un nuovo aspetto, rivestendosi di freschi colori e tornando giovane, così voi pure, vedendomi, avete cambiato faccia."
Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia



1. "Ariete Pigoz": bussare ripetutamente e a cadenza regolare alla porta di un'aula in cui si sta svolgendo una lezione. Quando qualcuno viene ad aprire deve trovarsi di fronte la seguente scena: tre di voi stanno sollevando un quarto complice che indossa un casco da moto e lo tengono orizzontalmente puntandolo verso la porta a mo' di ariete, come se invece di bussare avessero ripetutamente tentato di sfondare la porta.

2. "Ombrello serramanico": in un'aula in cui si sta facendo lezione, a turno vi affacciate alla porta guardandovi intorno con l'aria di chi cerca qualcosa e restate lì per una ventina di secondi almeno. Dopo cinque o sei di queste comparsate ci si affaccia tutti insieme, guardando in tutte le direzioni, dal gruppo spunta l'ultimo complice e apre sopra le teste degli altri un ombrello a scatto, rigorosamente nero.

3. "Giocattolini a molla": in un'aula in cui si sta svolgendo una lezione questa è un pò più complessa forse è meglio quella dei rumori forse.

4. "Quella dei rumori": aula. Lezione in corso. Seduti 5 o 6 sparsi un pò in giro. A turno ognuno emette un suono diverso in successione continua e ritmata. Colpo di tosse. Strappare un foglio. Pugno sul banco. Rumorio di penna. Altre a piacere. Gran finale facendo cadere pioggia di monete per terra o cascata di starnuti.

5. "Insalata non ce n'è più": due di voi sono già in aula, vicini. Entra un terzo in mise da cameriere, con tovagliolo sul braccio e menù. Arriva dai due, dà il menù. I due dicono: "un'insalata grazie." Lui esce, rientra e dice: "sono desolato." I due lanciano improperi e berretti ed escono.

EMET

di Riccardo Artoni


La verità scese come colata di metallo sulle nostre vite in una purpurea giornata di ottobre dell’ anno xxxx , mentre noi tutti si era presi a vivere; venne come un potente emetico a spazzare le visceralità recondite nella dottrina morale che fino ad allora si era accettata per universale e stabile , seppur per via empirica.


La sveglia dal barbaro sonno empirico venne , come per costante scherzo del destino,
da quanto di più intestinale si possa trovare sul suolo mondano , ovvero dal moto di addio al reale del profondo di un futuro cadavere in via di exitus violento , prodotto di decomposizione di urla mentali e budellari , in uno strazio disperato quanto simile all’ ultimo grugnire del porco.
“Emet- gridò raggelante , pressappoco.. chiamando forse qualcuno o qualcosa non si sa se con rabbia o con rimpianto- emet , [….] a vista morente , un personaggio qualunque , forse un po’ più alto della media, in una qualunque piazza di una microscopica città prospiciente ad un bar. Dove più persone prese a sorseggiare il primo bicchiere della luminosa giornata lì davanti rimasero forse un po’ stupite , come per un esplodere improvviso d’ orchestra sinfonica.
Una rosa di sangue pronto a coagularsi si dipinse sul selciato in breve tempo .
In breve, in preda ad un furore dettato dal momento, la vita fece da simmetrico controcanto a quell’ urlo; un’ estetica dell’ ordine, equivalente ad un’etica dell’ assoluto, si prestò agli atti eroici del quotidiano.(Senonchè il reale era dietro l’angolo, a lasciare profonde, incondensabili tracce.).Peraltro, dopo la sbandata successiva al colpo, la macchina si riportò in strada, continuando la sua prestabilita corsa.
Nel frattempo, l’uomo rimaneva bocconi, probabilmente morto, inutili i soccorsi, assurdità.
Ma la morte- tutti identicamente e subitamente pensarono nel fermo immagine successivo- la morte, è naturale; altro può essere o sembrare assurdo, il decedere è così naturale..
E la vibrazione dovuta al fermo-immagine, com’è naturale, non tardò a dare il suo effetto, emetico appunto: scene altrettanto pietose si susseguirono,di vomiti tra i più coloriti.

Nel frattempo, l’ insana rosa rosso sangue cresceva, in quel letto di gioia cremisi.

PROVA COSTUME

di Michele Barbolini

Guardatemi bene!
Sono un idiota, sono un buffone, sono un mistificatore!
Guardatemi bene!
Sono brutto, ho un viso inespressivo, sono piccolo.
Sono come tutti voi!
[Tristan Tzara]

Lallallà.
Pepperepeeeeeeeeeee!
Pepperepeeeeeeeeeee!
Mangia la merda prima che lei mangi te.

Ancora qua. Nuemero mezzo, mezzonumero a mo’ di mezzobusto e contro la mezzadria intellettuale. Non si va un tanto a chilo. Nonnonnò.

Mezzonumero leggero per l’estate. Mezzonumero per darvi un po’ fastidio e anche dirvi grazie, voi giovani incoscenti che un po’ ci avete creduto, che con le vostre offerte ci avete sostenuto facendoci arrivare fino qua.
Sìssì, famiglia sempre più larga, saltimbanchi mimi e istrioni si sono uniti nella tenda del traghetto, tenda un po’ circense e un poco ospedaliera, casamatta nella pianura dell’indifferenza.
Mezzonumero a guisa di congedo, l’arrivederci classico rivisitato, per dire che a settembre ci saremo, risciacquati dalle abluzioni estive, con il secondo numero e un monografico che già teniamo nel cassetto.

Per ora qualche consiglio attivo per iniziare al meglio l’anno nuovo, un po’ di spirito mangiamerdista, qualche suggerimento per togliere la belletta alle lectiones monolitiche.
E un grazie a tutti e tutte per la partecipazione numerosa al concorso intitolato a Sergej Šaršun, molti i testi arrivati, imbarazzante la scelta ma il vincitor s’è imposto e lo trovate qui sue queste pagine, in attesa della gloriosa passerella settembrina, con tanto di paiette e nastri rossi, mazzi di fiori, champagne e letame fumante.

Il mondo se ne sta bello fermo, anche con l’adsl e le fibre ottiche, la summer card il digitale terrestre. La verità che è non si muove, incastrato nelle stesse guerre da vent’anni, nello stesso linguaggio farneticante. Noi ci siamo messi in moto, se non vi spostate vi veniamo addosso, non vi scansiamo mica, nonnonnò, muovete il culo pure voi, la merda non aspetta.

Traghettatevi in capo al mondo in questi mesi, camminate lontano, guardate le cose dall’alto se riuscite, via dai fumi della pianura. La merda vi aspetta sulla soglia, al vostro ritorno. Noi saremo lì, immersi fino al collo.

Kippe koppe fefè!
Kippe koppe fefè!
KIPPE KOPPE FEFÈ!
Balù balù balù!