di Anna Fabbri
Cominciamo dalla data. 12 Giugno 2005. E’ stata definita una data marittima, questa scelta per il referendum abrogativo sulla legge 40, legge che limita il ricorso alla fecondazione assistita. I cattolici, che hanno invitato anch’essi a non recarsi alle urne, sapranno annettersi con eleganza anche il trenta per cento di astensione endemica, che salirà al quaranta per cento, se sarà una giornata di sole. Andate al mare, che tanto non siete neanche in grado di capirli, i quesiti, cari elettori.
Io andrò a votare, e voterò sì a tutti e quattro i quesiti.
Sulle questioni fondamentali della bioetica sono confusa. Diciamo che come studentessa della medicina apprezzo soprattutto questo: l’etica, in campo medico, non trascende mai l’individuo. Non è la malattia, ma il malato. Questo malato. Mi è sempre più difficile trascendere dall’individuo. Non sono più così convinta che esista una legge che vada bene uguale per tutti. Non so se abortirei, non so se come ginecologo praticherei aborti. Ma sono d’accordo sul fatto che l’aborto è un diritto. Non posso che essere in questo, figlia di Antigone. Contraddittoria, se volete, ma contraddittoria perché adesa all’umano.
Non è dal punto di vista etico che attacco la legge quaranta. L’attacco perché è un esercizio di cerchiobottismo, perché è illogica e antiscientifica (“è una legge ingiusta, inumana, antiscientifica” Umberto Veronesi). Penso che quando si avvicina ai misteri, all’inizio della vita, alla sua fine, alla genitorialità, lo stato dovrebbe essere assolutamente non invasivo. Il diritto, su queste questioni, dovrebbe farsi impalpabile, invisibile, solo un ossatura che sostiene la libertà del singolo. Perché, chiamati a fare una scelta su queste questioni (e non lo auguro a nessuno), noi siamo soli, soli perché dobbiamo uscire dalla collettività e decidere come individui. E per di più individui di una società multiculturale. Questa legge invece è prepotentemente invasiva e nel tentativo di ingraziarsi i grandi elettori calpesta proprio quei deboli che si impegna a proteggere: la Donna e l’Embrione.
Se me lo permettete, vi riassumo di seguito i quesiti referendari e tento, per ciò che posso, di spiegarli e commentarli.
1. Si chiede di cancellare i divieti che puntano a ridurre la dispersione di embrioni e che limitano le possibilità di successo costringendo la donna ad esporsi a molti più cicli riproduttivi. La legge 40 permette di creare non più di tre embrioni per volta e obbliga ad impiantarli tutti, senza scartare eventuali embrioni malati. Si chiede di abrogare anche il divieto di conservare gli embrioni con il congelamento.
2. Chiede di cancellare il divieto di ricorrere a spermatozoi o ovuli di donatori esterni alla coppia.
3. Chiede l’eliminazione degli articoli che impediscono sia l’utilizzo che la creazione di embrioni a puri fini di ricerca.
4. Chiede di abrogare quelle parti degli articoli che mettono sullo stesso piano i diritti dell’embrione e quelli dei genitori.
Il primo quesito lo si potrebbe anche intitolare “il corpo della donna come campo di battaglia”.
Campo di battaglia sul quale diverse ideologie si battono sanguinosamente. Molti, donne e uomini, sono convinti che il corpo alle donne andrebbe espropriato per legge: la donna è vista come eterna bambina, incapace di gestire questo corpo così potente e misterioso. Lo stato, la chiesa, gli uomini, la collettività, l’embrione, i padri: bisogna che qualcuno gestisca questa fisicità così imbarazzante, bisogna sollevare le donne-bambine da questa gravosa responsabilità.. Tutto l’impianto della legge, che pure sbandiera il suo intento di proteggere la donna, tende principalmente a rendere la fecondazione assistita molto, molto più difficile in un’ottica quasi punitiva nei confronti della donna. Forse sarebbe più onesto proibirla definitivamente, invece che renderla nociva per chi la sceglie. Visto che di sangue e carne parliamo addentriamoci nei particolari tecnici della questione. Per ottenere embrioni in vitro i passi sono i seguenti:
1. La donna deve iperovulare. Ogni mese una donna produce un ovulo pronto per la fecondazione. Esponendola però a una dose massiccia di ormoni si può ottenere la produzione di più ovuli. Ora, gli ormoni sono potentissimi segnali intercellulari, secreti in dosi bassissime naturalmente hanno un funzionamento sistemico: ciò vuol dire che funzionano a cascata e stimolano risposte diverse in molteplici organi e tessuti diversi (estrogeni e testosterone, per esempio sono attivi persino sul cervello ). E’ indubbio che gli ormoni sono sostanze da usare con grande cautela, anche perché sono sospettati di favorire l’insorgenza di tumori se usati scriteriatamente (vedi terapia ormonale sostitutiva, accusata di favorire il tumore al seno).
2. Gli ovuli devono essere prelevati chirurgicamente dall’addome della donna ed esposti in provetta al seme che li feconda, per poi essere impiantati nell’utero artificialmente.
Le limitazioni previste dalla legge sono sul numero degli embrioni prodotti (mai più di tre) e sulla loro utilizzazione: tutti e tre contemporaneamente e obbligatoriamente, anche perché non li si può conservare. Tutto questo, all’atto pratico, significa per la donna in termini di rischi:
1. Nelle giovani in particolare il rischio di gravidanza trigemellare è alto. Ricordo che raramente le gravidanze plurigemellari vengono portate a termine positivamente: il rischio di parto prematuro e di insufficiente accrescimento dei tre feti è alto. Non è chiaro poi cosa si intende per obbligo di impianto. Il ginecologo, davanti ad una donna che non vuole che le siano impiantati i tre embrioni contemporaneamente deve chiamare le forze dell’ordine? Deve narcotizzarla e agire a forza?
2. Se la prima gravidanza fallisce bisognerà ricorrere ad una nuova iperovoluazione e ad un nuovo intervento chirurgico per tentarne un'altra, invece di ricorrere a embrioni già pronti precedentemente congelati.
Scartare gli embrioni non sani significa diagnosi preimpianto, non eugenetica. Non si tratta di permettere ad una coppia di decidere il sesso del loro bambino o il colore dei suoi occhi ma di permettere a coppie che hanno il 25% di probabilità di avere un figlio malato (talassemia, fibrosi cistica…) di escludere certamente questa possibilità con un’analisi del genoma dell’embrione prima dell’impianto. Trovo coraggioso che una coppia che magari ha visto morire il proprio bambino di una malattia genetica altamente invalidante voglia avere un altro figlio. Trovo inumano non permettergli di sapere se il bambino che stanno concependo sarà sano o malato. La conoscenza non implica necessariamente una scelta, né in senso positivo né in senso negativo. Ma potremo parlare a lungo della genitorialità come accettazione incondizionata, se non fosse che comunque in Italia esiste il diritto all’aborto e l’istituzione dell’aborto terapeutico, quindi, o questa legge è un primo passo per rimettere in discussione l’aborto oppure è semplicemente illogica.
Gli embrioni crioconservati sono una questione molto delicata: solo in Italia 30 000 embrioni si stanno lentamente spegnendo in bare di azoto liquido a temperature bassissime. Ora, sulla produzione di embrioni ai fini della ricerca sono piuttosto perplessa. Però non capisco perché gli embrioni già prodotti non possano essere usati a questo fine, visto che l’alternativa è bruciarli o lasciarli spegnere lentamente nel freddo. A parte la ricerca pura i campi di applicazione sono molteplici. Le cellule embrionali sono staminali totipotenti, ciò vuol dire che potenzialmente possono differenziarsi in qualsiasi tessuto dell’organismo: messe in coltura con neuroni diverranno neuroni, messe in coltura con epatociti diverranno epatociti. Credo che possiate immaginare cosa significa questo per malati di malattie degenerative che coinvolgono organi come il cuore ed il cervello, tessuti che praticamente non si autorigenerano se offesi. Una soluzione al problema, proposta sia da scienziati favorevoli alla legge che da scienziati contrari potrebbe essere quella di stabilire il momento esatto nel quale il decadimento dell’embrione criocongelato è tale da renderlo incompatibile con l’impianto e, da quel momento in poi, considerarlo clinicamente morto e quindi usabile senza ricadute etiche per la ricerca. La legge 40 è invece categorica: niente embrioni per la ricerca.
Quando l’embrione riceve l’anima, si chiedono i cattolici?
A questa domanda sicuramente non può rispondere la biologia. Io credo che equiparare l’embrione ai suoi genitori non sia una manifestazione del rispetto per la vita umana. L’embrione è sicuramente vivo come individuo, se per vita si intende ciò che i greci intendevano con la parola bios. Ma credo che alla vita umana sia necessario dare un valore diverso rispetto alla definizione di vita in senso biologico. Noi consideriamo qualcuno clinicamente morto non quando il suo cuore non batte più, non quando cessa il respiro, ma quando non vi è più pensiero cosciente, sentimento, capacità di espressione. Io credo che si nasca un poco alla volta, che nasciamo anche nel primo sorriso, nella prima parola. Io credo che un uomo lentamente e faticosamente diventi tale. Io credo che gli uomini si guadagnino un anima. All’embrione è necessario portare rispetto come progettualità di vita, non come uomo a tutti gli effetti. E poi credo che il problema di questa legge sia la fondamentale mancanza di rispetto per la donna ed il suo corpo, prima di tutto: tra i diritti dell’embrione ci deve essere anche quello di essere allevato da una madre che non ha subito pratiche inutilmente invasive per diventare tale.
Spero che il 12 Giugno 2005 non andrete al mare.
- pubblicato in allegato al numero unoemmezzo
0 commenti:
Posta un commento