pudenda

mercoledì 14 novembre 2007

Una di meno

di Michele Barbolini

Camminavo in via Petroni con il cuore nella tasca interna del cappotto.
"Ma quand'è che si decide a nevicare?" mi chiedevo. Almeno sfruttiamo questi portici.
Camminavo a testa alta non per orgoglio ma per tuffarmi negli occhi delle donne. In biblioteca una volta mi sono scontrato con l'attaccapanni per guardare una ciellina.
Scansavo l'umanità variegata che mi si faceva innanzi, il fuorisede leccese che parla a tono altissimo, come gli africani sull'autobus, il punkabbestia regolamentare con hollandia da 90 centesimi, pitbull legato ad una corda da montagna e total look nero. Scansavo gli alcolisti all'angolo accasciati nei loro fagotti di coperte, e lanciavo uno sguardo a quella signora dai capelli gialli che avrà pochi anni più di mia madre e ogni volta che la sento straparlare non so perchè mi sento in colpa.
Tiravo dritto e mi stringevo nella sciarpa quando incrociavo con lo sguardo una ragazza carina con il broncio e mi veniva da chiederle "perchè?"
Le gambe rigide come sempre quando sono in mezzo alla gente, il respiro affannato per l'imbarazzo di sentirmi immerso in un flusso, per la paura di esserne travolto.
Mettevo un passo dopo l'altro pensando solo alla mia meta e alle parole stupide della sera prima, a quei "mi dispiace non ci riesco" e "hai ragione, è colpa mia".
Ero quasi arrivato e acceleravo il passo come chi scorge la striscia del traguardo e non vede l'ora di tagliarla per tirare il fiato.
Arrivato davanti alla vetrina della libreria Guerra ho visto che il libro di Gadda che cercavo non c'era più.
Ho sentito qualcosa di morbido e appiccicoso sotto la scarpa.
Una merda di cane marroncina.
Una di meno, ho pensato.

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