pudenda

giovedì 7 gennaio 2010

Atti degli Apostoli - 9; 11; 13-28

Elisabetta, pur conscia del rischio di inciampare nell'autoreferenzialità, si svegliò anche quella mattina.
Il peggio è passato, si disse, e si alzò senza smettere di stringere Marcello.
Marcello era il suo primo fidanzatino, morto di quel brutto male ancora in prima elementare. In obbedienza alle sue volontà, il bimbo era stato imbalsamato, e la madre aveva deciso di lasciarlo ad Elisabetta. E com'è come non è, Marcello aveva smesso poco a poco di essere un feticcio del ricordo, ed era diventato semplicemente il suo peluche preferito, con cui dormiva ogni notte.
Va be.
Il punto è che i cuscini andavano sprimacciati, come puntualmente si disse Elisabetta soppesandoli con lo sguardo: "I cuscini vanno sprimacciati, il verbo deve prendere aria, lo merita, è davvero un bel verbo", e mise tutti i cuscini dentro il grande zaino, uscì e cominciò a camminare verso la campagna.
La cruda campagna d'inverno, la terra dura e fredda e i fili d'erba che si spezzano come dita ghiacciate sotto i piedi di Elisabetta, il sole pallido e lontano, aria dura e fredda e senza profumi che entra nel naso con la forza del nord, entra a violentarle il naso, Elisabetta cammina con lo zaino pieno di cuscini sulle spalle, cammina nei campi piatti, la bruma le taglia le gambe e la fatica le spezza il polmone.
Ah, inverno, prendimi.
E invece: eccola lì, ad un certo punto, dietro il grande cespuglio di tabasco, la sgradita epifania. (Succede sempre così, porcocane, che uno butta una cosa e poi emuli incivili cominciano a imitarlo, e va a finire che un bell'angolo di pianura diventa una discarica. E poi, che cazzo, ma a chi mai può venire in mente di venire a scaricare qua, proprio qua, in mezzo al nulla? Ma porcocane.) Dietro il grande cespuglio di tabasco, solitario in mezzo ai campi arati, c'era una carcassa di computer.
Elisabetta si avvicina, scansa i rottami del monitor, pesta con stizza il mouse rotto, e a quel punto li vede: sparsi tutto intorno, nella terra, decine e decine di files.
Incuriosita, si china a raccoglierne uno. Questo:




Capite bene come a quel punto non poteva non venirle in mente la massima stoica secondo la quale l'esistenza è una prigione con la porta sempre aperta. Inutile lamentarsi: possiamo uscire in qualsiasi momento.

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