pudenda

martedì 10 maggio 2005

APOCALISSE!

ovvero: della mercificazione del dolore
di Matteo Todeschi

Sparare a zero sulla “cattiva maestra televisione” è diventato fin troppo semplice di questi tempi.
Tacciata di immoralità, di licenziosità, di brutture, siamo tutti contro di lei. Tutti. Nessuno escluso.
Persino i vertici delle dirigenze, conduttori ultra-famosi e veline stupide quanto belle sono capaci di criticarla.
Ma c’è una cosa di cui nessuno sembra accorgersi e che è il maggior pericolo che la televisione può arrecare alla società e al costume…
Ma come?! direte voi. E i culi in primo piano, e gli opinionisti?!
Ebbene sì, rispondo io, ancora più pericolosa delle frotte di anonimi opinionisti che si accalcano
ogni giorno davanti ai microfoni di Studio Aperto.
Ed è sempre Studio Aperto il campione prediletto di questa abominevole tendenza: la mercificazione del dolore.
“APOCALISSE” agonizzava Studio Aperto, ridondando nel doppio mento di Paolo Liguori, quando il tremendo Tsunami investiva il sud est asiatico.
Vero. È un’apocalisse. Ma è questo che dà loro il diritto di sbattere come sfondo l’immagine del cadavere di un bimbo coperto di fango tra le braccia del padre, come una Pietà post-atomica?
Quel bambino ci è stato spacciato come morto. E invece si è salvato.
Quel bambino è diventato il simbolo del regime intrattenitivo che aleggia nell’etere, delle bugie che i telegiornali ci propinano ogni giorno per “intrattenerci” ad ogni costo, per commuoverci ad ogni costo.
E noi siamo diventati schiavi di questa tendenza, orrenda tendenza.
Lacrime, dolore, pianti, strilla compongono il 70% dei servizi che passano i telegiornali delle reti nazionali. E noi ci stiamo assuefacendo. Ci stiamo tramutando in pallidi esseri senza sentimenti propri che hanno bisogno di una canzoncina melò e di quattro parole patetiche di un tigì per emozionarsi.
Ogni fatto di cronaca nera è un’occasione per sparare un polpettone sulla vita, sull’ipotetico futuro e sui sogni della vittima. Sulla RAI intanto Giorgino parla a vanvera di “globalizzazione del dolore”, centrando ignaro il nocciolo della questione.
Manca poco che anche Liguori si metta a piangere in studio.
E così è tutti i giorni. Con Il Piccolo Samuele, La Povera Giusi, L’Eroico Avvocato Taormina.
Pianti strazianti si alternano a servizi sulla moda milanese.
L’inviato che si improvvisa il migliore amico dei parenti delle vittime, che penetra in casa loro, che fa domande agghiaccianti, senza il minimo tatto.
Il giornalista in studio che recita le notizie con tono teatrale, da tragedia attica, ma che con la stessa facilità di Giano volta faccia, e risponde sorrisi finti a lacrime vere, di dolore vero.
La cosa necessaria in questi casi è avere sempre rispetto per il dolore altrui. Studio Aperto invece lo vende. Ne crea confezioni curate, pratiche e ce lo sbatte in faccia. E noi a Bocca Aperta davanti al televisore ne beviamo ogni giorno. Questo è il vero inquinamento delle menti, non il revisionismo, nè la censura, né le veline scollacciate (quelle al massimo potrebbero distrarci dal problema principale), ma il patetico, che rende tutto così patinato, freddo, insensibile e di facciata. Tutto si trasforma in intrattenimento da palcoscenico di secondo livello, quasi dovesse fare a botte a colpi di share con Beautiful.
Faccio il pessimista. In un futuro non troppo lontano saremo esseri che si lasceranno andare al panico quando Godzilla© emergerà dall’oceano per mangiarci tutti. Ma solo quando un giornalista ci darà il via.

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