pudenda

lunedì 5 gennaio 2009

Razzismo


Ho un colloquio di lavoro. E' il primo della mia vita.
Mi sveglio sudato e teso, è stata una notte agitata piena di risvegli improvvisi e ginocchiate contro la parete.
Mi vesto con lo sguardo fisso a mezzo minuto nel futuro, i vestiti non li controllo, li ho preparati in ordine sulla sedia la sera prima, insieme al foglietto con le indicazioni stradali e al curriculum.
Il curriculum l'avevo già consegnato, logicamente, ma non si sa mai, me lo porto dietro. Non ho idea di come possa funzionare un colloquio di lavoro. Ad un esame, pensavo la sera prima, puoi aver studiato oppure no. E ti assumi la caga relativa, scontata e proporzionale. Qui no, la prova è dietro una cortina scura, cosa aspetta non si può saperlo. L'angoscia dell'inconosciuto non dà appigli.
Tantopiù che ne va del destino.
Esco di casa vestito e profumato, senza barba e con lo sguardo azzurro. Prendo la macchina, stacco lo specchietto retrovisore e parto.
Ad un tratto, sulla tangenziale, ho l'illuminazione che cambia tutto. Devo fare a tutti i costi una buona impressione, penso forse a mezza voce: accelero fino ai 150, puntando diritto il palo della luce in fondo al rettilineo, e mi schianto.
Muoio sul colpo, praticamente senza dolore, in un caleidoscopio di sangue e lamiere.
Arrivo a destinazione in anticipo di dieci minuti buoni, le gambe sono salde e non ho più alcuna paura.
"Buondì, sono qua per il colloquio. Andrea Masotti."
"Buongiorno. Entri pure."
Entro, l'ufficio è ampio e solare. La segretaria non mi guarda, mi indica con un dito grazioso la poltrona accanto alla porta. "Si sieda. Il capo la riceverà tra un attimo."
Mi siedo sorridendo. Si segga suona molto meglio, penso. Il capo, penso, ma dove siamo, in un film di gangsters? Poi non penso più, attendo specchiandomi nelle scarpe.
Ad un certo punto, sono dentro.
"Andrea Masotti."
"Sono io. Buongiorno."
"Ho letto il suo curriculum. Ha ottime referenze. E ha fatto dei buoni studi."
Io rimango in silenzio, capisco che non è ancora il momento di interromperlo.
"Anche le esperienze lavorative, buone. Bene bene bene."
"..."
"E mi dica, Masotti, cosa pensa di poter offrire alla nostra squadra? Mi piace pensare a noi come a una grande squadra, sa?"
Era il mio momento. Fuori il discorso.
"Posso offrire la mia esperienza nel settore. Ma soprattutto caparbietà e passione. Conosco bene questa sua azienda, mi piace come lavorate, e penso di poter essere una valida forza aggiunta. Ho idee e molta voglia di lavorare."
"Ha una bella cravatta."
"Ehm, uh, grazie." Non mi aspettavo un'interruzione. Non di quel genere. Cerco di riprendere il filo.
"Sì, dicevo. Ho una maturata esperienza in quadri organici analoghi, nei diversi stages che ho fatto. Come può testimoniare il mio curriculum, ho una netta inclinazione al lavoro di gruppo. Anch'io ho sempre considerato i miei colleghi come una squadra. E ogni giorno di lavoro per me è una partita, il risultato è l'obiettivo." Mi ero ripreso, dai, stavo andando bene. "In poco tempo posso sviluppare un progetto di coordinazione e di ottimizzazione, ho anche portato, come può vedere, i grafici del mio scorso operato. Testimoniano.."
"Mi scusi."
"..Testimoniano il miglioramento.."
"Mi scusi."
"..Prego?"
"Deve scusarmi. Non mi ero reso conto subito."
"..."
"E' colpa mia. Avrei dovuto informarmi, nessuno mi aveva detto niente. Mi dispiace, sono costretto a comunicarle che non se ne fa niente."
"Ma.. Come.."
"Mi dispiace che abbia fatto tanta strada per niente. Leggo qua che abita a Verona, no? E sono dispiaciuto davvero, con i suoi requisiti.."
"Non capisco. Cosa c'è che non va?"
"E' presto detto, Masotti. Non assumiamo morti. E' la nostra politica aziendale, mi dispiace."
"..."
"Arrivederci."

3 commenti:

Anonimo ha detto...

e bravo il capo.

Anonimo ha detto...

Decise che avrebbe chiesto aiuto ad altri morti. Insomma, tra tutti i morti che c'erano qualcuno lo avrebbe pure aiutato. Solo che.
Il piccolo Andrea Masotti visitò le loro case, andò nei loro quartieri, entrò nei loro luoghi di culto. Non era rimasto più nessuno. E solo adesso capì.
Aveva fatto finta di niente quando avevano cominciato a portare via un vicino, poi un altro, poi avevano svuotato quel quartiere e lui non aveva mai dato aiuto a nessuno perché pensava che quelle cose non lo riguardassero.
Ora toccava a lui e, come quelli che lo avevano preceduto, anche lui non sapeva a chi chiedere aiuto. Presto avrebbero portato via anche lui.

plv

Anonimo ha detto...

e sto cazzo?