pudenda

venerdì 7 novembre 2008

Nuoppa


Ci sono un italiano, un francese e un americano al bar. Tre uomini di mezza età, come si dice con più passato che futuro, ormai abituati alla vita nel mondo, ognuno a modo suo.
Sono lì per nessuna ragione precisa, tra di loro non si conoscono nemmeno. Siedono insieme al tavolino solo perchè l'ho deciso io, io che scrivo, e in effetti si guardano con un leggero imbarazzo, senza sapere bene cosa dire.
Il primo a prendere la parola, dopo un lungo sorso di Radler, è il francese: "abat-jour", dice. L'imbarazzo sale.
L'italiano vorrebbe andarsene, si capisce da come si muove irrequieto sulla sedia, si sente fuori posto e ha come l'impressione di aver qualcosa da fare, altrove, anche se lì per lì, se qualcuno lo interrogasse in proposito, non saprebbe bene dire che cosa.
L'americano nota il suo disagio e gli mette una mano sulla spalla: "hey man, quiet down. Sit and drink your drink. Shalla", gli dice sorridendo.
L'italiano sorride a sua volta, un sorriso un pò sforzato sulle prime, ma poi prende in mano il bicchiere di brulè e comincia effettivamente, piano piano, a sciogliersi. Guarda il francese, guarda l'americano, alza il bicchiere e pronuncia il brindisi: "a noi!"
Lo fa senza nessuna malizia, senza pensarci, "a noi" -come tu mi insegni- è una sorta di motto fascista, l'italiano però non ci ha fatto attenzione, gli è uscita così, senza volere, figuriamoci se lui. E infatti, posato il bicchiere, comincia subito ad arrossire.
Ad ogni modo né il francese né l'americano danno segno di essersene accorti, e pronunciano a loro volta il brindisi: "cheers!", l'americano. "le jeux sont fait!", il francese. Curiosamente, arrossendo a loro volta subito dopo. Ognuno per ragioni sue, immagina il lettore.
A questo punto va precisato che l'americano è abbronzato. Molto abbronzato. Diciamo pure -perdonatemi la parola- negro. Questo mette in una certa luce quanto è accaduto finora, e mette una certa luce su quanto accadrà nel prosieguo.
"Prosieguo è una parola molto bella" dice l'italiano, sempre attento alle cose. Il francese e l'americano lo guardano senza capire.
"I don't understand you man, I'm sorry. Non-parla-italiano. I know cieao, forza azzurri and... Mmm... What else.. Campanile! Campanile is italian, isn't it?" Ma l'italiano non lo sta già più ascoltando, guarda una macchia sulla camicetta del francese, ha una forma che gli ricorda qualcosa, la osserva per un pò prima di capire, avvicina il viso aggiustandosi gli occhiali, si avvicina tanto che il francese esclama "egalité!", ridacchiando. E' allora che l'italiano si rende conto: è una svastica. Chiaramente, una svastica, come non averlo visto subito? Si raddrizza sulla sedia, improvvisamente attraversato da una sottile inquietudine, da quel momento cerca di evitare di guardare il francese, ma intanto continua a chiedersi se davvero sia solamente una macchia, e ogni tanto l'occhio gli cade.
L'americano sta ancora parlando quando arriva al tavolo il barista, un grosso omone con due importanti baffi scuri. Molla un pesante ceffone sulla nuca dell'americano, poi parla: "volete qualcosa da mangiare? Grosso omone è una ridondanza bella e buona. E anche due baffi è un'inutilità tristemente entrata nell'uso comune." E molla un altro ceffone all'americano, ancora più forte. "Abbiamo una cucina povera, niente di che, sapete, gestione casalinga. Non è per economia linguistica. E' una questione di eufonia, e anche di logica." E giù un'altro ceffone, che questa volta è tanto potente da far sbattere all'americano la faccia contro il tavolo, con violenza. "Vi suggerisco le orecchiette, la nostra specialità. Modestamente, le migliori del paese. Avere due baffi è normale, averne uno, o più di due sarebbe l'eccezione. E in quel caso andrebbe specificato. Ma solo in quel caso. Altrimenti stona, stride. Fa male alle orecchie."
L'americano prende in mano il menù (che in spagnolo si dice "carta"), si gira verso il barista con un rivolo di sangue che dal naso gli scende fino al mento e dice: "io prendo le orecchiette. Ma se è possibile le vorrei con i cavoletti. Le cime di rapa mi rimangono nel gozzo. L'ultima volta non ho dormito per tutta la notte. E un bicchiere di Smack My Bitch Up"
"Smack My Bitch Up non ce l'abbiamo, mi dispiace. E non è nemmeno una bevanda, è una canzone."
"Allora mi porti un pitale colmo di merda"
"Va bene."
"Ma scusa, tu parli italiano?" Chiede stupito l'italiano.
"Sorry man, I told you that I don't understand you. Uno poco espanol. But no italiano, sorry."
L'italiano non capisce, e per un attimo ristà, interdetto. Prima di vedere come finalmente reagisce, è giusto che ci fermiamo un attimo, è giusto che vi spieghi. E' stato uno scherzetto, l'americano davvero non sa parlare italiano, sono stato io a fargli dire quelle cose, sempre io che scrivo, con un trucchetto che conosco, un giochetto con le dita. Anzi, guardate, lo faccio ancora.
Il francese si alza, e in rapida sequenza esclama: "arbre magique! Garage! Vive la France!" Poi si risiede e mangia il bicchiere. Mangiando il bicchiere si fa molto male, ovviamente non riesce a mangiarlo tutto in un boccone, lo spezza facendo forza coi denti, si ferisce le labbra, la lingua e la gola. Geme, ad un certo punto il dolore è eccessivo e si ferma, mette per un attimo il bicchiere sanguinante sul tavolo, un vetro gli si è fermato nella trachea, lo si vede spingere da dentro. Rantola, il francese.
E' in questo momento che il lettore capisce una volta per tutte a che gioco stiamo giocando. E' ancora una volta la vecchia storia del metatesto, siamo ancora ai tempi di Unamuno, non se ne può più. Sbuffa, inarca un soppracciglio, un pò compiaciuto di aver smascherato lo scrittore, un pò genuinamente annoiato. Ma continua a leggere: legge, in rapida sequenza, le parole "pelle", "Mitridate", "Reebok", "istericida", "nido", "sapone", "nuoppa", "vasellame" e "PortoVenere".
Succede tutto in quegli istanti, tutto in quegli istanti si esaurisce: l'italiano si alza con impeto e punta il dito contro l'americano, pronto a urlare la propria indignazione per essere stato preso in giro; il francese si tiene la gola con le mani e geme, tra i gemiti si riesce a intendere "Zinedine Zidane"; l'americano guarda il francese e per una veloce associazione di idee prende il tovagliolo e fa per asciugarsi il sangue sul muso abbronzato; il barista fa per rientrare in scena, si sente il suo potente vocione proferire "no more orecchiette!" ma tutto in quel preciso istante trova una fine: insieme, proprio (curiosa coincidenza) con-tem-po-ra-nea-men-te,
lo scrittore smette di scrivere,
e il lettore smette di leggere.

1 commenti:

lingua ha detto...

riso gallo blond.
ottimo, aggiungerei.