pudenda

venerdì 6 agosto 2010

Pompage

Accadeva sempre nella stessa maniera, e anche quella sera, come quasi tutte, aveva spento le luci intorno, si era sdraiata sul largo letto pieno di cuscini e aveva cominciato a leggere. Il rumore delle prime pagine che si sfogliavano erano un muto reclamo, e lui dalla scrivania si era avvicinato al bordo della sua lettura -Requiem, di Tabucchi- le aveva preso i piedi sulle ginocchia, e aveva cominciato a massaggiarli. Prima il sinistro, lentamente, con forza, premendo la pianta con i polpastrelli, lentezza artigiana, piedi come pasta di pane. Così funzionava, quasi ogni sera: lui la guardava, le intuiva il volto nascosto dietro al libro aperto, e con le mani continuava il paziente premere e allentare, scandendo movimenti e respiro come una nenia antica, come un rituale.
Ma quella sera accadde qualcosa. Ad un certo punto, da dietro l'ipnosi della carezza, lui sentì tra le dita uno strano scioglimento della tensione, ogni rigidità all'improvviso cadde, il piede non faceva più resistenza. Abbassò lo sguardo e per un attimo non poté credere a quello che vide: si era staccato. Il piede di lei si era staccato, e gli era rimasto in mano, grondante sangue. Lo sconcerto gli tolse la parola, e nel tempo del silenzio -brevissimi istanti- la reazione fu convulsa: guardò lei dietro al libro, lei continuava a leggere, non si era accorta di nulla, lui non pensò all'incongruità di ciò, non ne ebbe il tempo, nel suo petto salì un moto di paura mista a vergogna, deglutì, tremò, si guardò intorno, la sua mano libera trovò brancolando -chi sa come- un rotolo di scotch per terra, e con una rapidità e una precisione non umane glielo riattaccò, le riattaccò il piede, dieci giri decisi attorno alla caviglia.
A quel punto si fermò, immobile, guardando lei ancora assorta nella lettura, trattenendo il fiato. Sentiva che l'incredulità cominciava a risvegliarsi, guardava lei immobile e contemporaneamente gli tornavano alla mente le Lezioni americane di Calvino, vai a capire gli strani voli del pensiero in certi frangenti.
Poi, piano, adagiò gamba e piede sul letto. Si tirò su fino a poggiare la testa sul cuscino, a fianco di quella di lei. Le baciò la tempia, le disse "dormiamo adesso", e senza aspettare risposta spense la luce. Riuscì a prender sonno.
Il giorno dopo lei si era svegliata prima ed era andata via, il primo impulso fu di telefonarle, guardò per terra, lo scotch era ancora lì, quasi finito, il fondo del letto era imbrattato di sangue scuro, non era stato un sogno. Al telefono non riuscì a chiederle nulla di diretto, la voce era serena, no, non ho niente che non va, sì, ho dormito bene, perché non avrei dovuto? E anche dopo, a pranzo, quando la incontrò pareva non avere niente di strano, stava bene. Fecero insieme una lunga passeggiata, e quando finalmente si sedettero su una panchina lui raccolse il coraggio necessario, decise che ne aveva abbastanza di stare in un racconto assurdo, e glielo disse: "Colette, senti, stanotte ti ho staccato un piede."
"Eh?"
"Il sinistro, massaggiandotelo. Mi è rimasto in mano."
"..."
"E te l'ho riattaccato, pulendolo un pò dal sangue. Con lo scotch."
"Ma... Ma che cazzo dici?"
La reazione di lei fu furiosa. Si alzò il pantalone, si tolse lo stivaletto, e anche lei vide: il piede era attaccato alla gamba da diversi giri di nastro adesivo, tutto era sporco di sangue. Alzò gli occhi su di lui, con violenza.
"Ma sei un coglione! Dobbiamo andare al pronto soccorso! Lo scotch! Ma porcodio, lo scotch!"
Lui rimase, atterrito, balbettò qualche giustificazione mentre lei chiamava un'ambulanza con il cellulare. Lei non gli parlò più, l'ambulanza arrivò e li portò in ospedale, tentarono un'operazione ma era troppo tardi, l'infezione si era propagata e aveva mandato la gamba in cancrena, dovettero amputargliela fino a sopra il ginocchio. Povera Colette.

1 commenti:

pleura ha detto...

Jotti Re del Mondo!